Si sgretola il sogno “socialista”: la Bolivia torna in mano alle opposizioni


Com’era stato ampiamente previsto dai sondaggi, i risultati delle elezioni sanciscono la disfatta del MAS e della sinistra riconsegnando il Paese alle forze politiche di opposizione. Quello che i sondaggi non hanno potuto prevedere è il nome del vincitore: Rodrigo Paz Pereira, del Partido Demócrata Cristiano (PDC), ha vinto le elezioni con il 32,08% delle preferenze. A contendergli la poltrona presidenziale sarà l’ex presidente Tuto Quiroga di Libre - Alianza Libertad y Democracia che ha ottenuto il 26,94% dei voti e sfiderà dunque Paz al ballottaggio del prossimo 19 ottobre.

Oltre 7,9 milioni di boliviani, si sono recati alle urne domenica 17 agosto per scegliere il successore del presidente Luis Arce Catacora, del vice David Choquehuanca ed eleggere i 130 membri della Camera dei Deputati e i 36 membri della Camera dei Senatori per il periodo 2025-2030. Le elezioni si sono svolte in un clima generale teso per via della crisi strutturale che colpisce in particolare il settore dell’economia ma, come dichiarato sia dal Tribunal Supremo Electoral (TSE) sia dalla missione di osservatori dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), le operazioni di voto sono avvenute senza incidenti di rilievo.

Come detto, a “passare il turno” sono stati Rodrigo Paz Pereira e Tuto Quiroga. Rimane fuori a sorpresa dal ballottaggio l’imprenditore Samuel Doria Medina, che i sondaggi davano quasi per certo tra i primi due e che ha ottenuto solamente il 19,93%. Seguono poi tutti gli altri candidati: Andrónico Rodríguez di Alianza Popular con l’8,11%, Manfred Reyes Villa di Autonomía Para Bolivia Súmate (APB-Súmate) con il 6,63%, Eduardo del Castillo del MAS con il 3,14%; Jhonny Fernández, dell’Alianza Fuerza del Pueblo con l’1.6% e Pavel Aracena di Alianza Libertad y Progreso ADN con l’1,45%. Alta la percentuale di voti nulli, circa il 17%.

La vera sorpresa di questa tornata elettorale è proprio il vincitore. Rodrigo Paz Pereira era dato solo al 3% nei primi sondaggi e solo verso la fine di una campagna elettorale modesta il suo consenso era salito al 10%. Ora l’exploit dei risultati lo rendono il favorito per la vittoria finale. Ex sindaco di Tarija ed ex senatore di Comunidad Ciudadana, Rodrigo Paz è un economista ed è figlio dell’ex presidente Jaime Paz Zamora (1989-1993). Nato a Santiago de Compostela, ha vissuto in vari paesi a causa del fatto che i suoi genitori sono stati perseguitati durante i governi militari.

A sinistra, l’unico candidato a salvare la faccia è stato Andrónico Rodríguez. L’ex delfino di Evo Morales, nonché ex presidente del Senato, si è presentato alle elezioni da indipendente con Alianza Popular, un’alleanza di piccoli partiti di sinistra, in cui Andrónico ha fatto confluire tutta la fazione del MAS a lui fedele, tra cui anche l’ex vicepresidente David Choquehuanca, nel tentativo di superare la frattura tra evisti e arcisti che da oltre due anni ha praticamente fatto implodere lo “strumento politico per la sovranità dei popoli”, come è chiamato il MAS. Andrónico, in parte, ha capitalizzato la scelta e ha fatto convergere su di sé tutto ciò che resta dei sostenitori di quel sogno socialista che per quasi vent’anni ha cercato, invano, di cambiare il Paese, arrivando al quarto posto ma ottenendo solo l’8,11% dei voti.

Sparisce invece dalla scena politica il MAS: la frattura tra evisti e arcisti, l’incapacità del governo di Arce di affrontare e risolvere la crisi economica, la corruzione e soprattutto la totale assenza di prospettiva è costata cara al partito un tempo guidato da Evo Morales: il suo candidato, l’ex ministro di Governo Eduardo Del Castillo, ha ottenuto solamente il 3,14%. Un risultato in linea con tutti i sondaggi ma che fa comunque scalpore per la catastrofica disfatta.

Il grande assente di questa tornata elettorale, è stato l’ex presidente indigeno Evo Morales, inabilitato a partecipare dal TSE perché il suo terzo mandato avrebbe violato la Costituzione (scritta sotto lo stesso Morales) che ne permette solo due e scavalcato il referendum del 2016 che aveva respinto la sua richiesta di potersi ricandidare. Dal suo rifugio nel Chaparé, Morales ha lanciato un appello a votare nullo e ora si intesta quel 16,95% di voti nulli. «Se non fosse stato per Luis Arce, che ha rubato il nostro simbolo (MAS) e ha messo al bando il più grande movimento politico del paese, queste elezioni le avremmo vinte a mani basse!» ha scritto su X domenica mattina. Morales ha poi assicurato che «il voto nullo esprime il nostro rifiuto per un'elezione truccata» per la sua forzata assenza.

Ora l’attenzione si sposta al ballottaggio del 19 ottobre. Frantumata la sinistra, a disputarsi il potere saranno due candidati di opposizione con una visione ideologica totalmente diversa da quella che ha governato il Paese ma tutto sommato in linea nella pratica. Infatti, come asserisce in questa recente intervista per Global Project il ricercatore Miguel Miranda, le linee di demarcazione tra destra e sinistra sono sempre meno visibili e «quello che ci aspetta è un panorama piuttosto oscuro a livello di democrazia più o meno uguale a quello attuale».

Pubblicato in Global Project
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