In Ecuador mobilitazione indigena contro la costruzione di un carcere di massima sicurezza



Un carcere di massima sicurezza in territorio indigeno senza consultazione né autorizzazione della comunità residente: il nuovo progetto del governo di Noboa per “risolvere” la crisi carceraria e la drammatica situazione di sicurezza che vive il Paese ha però trovato la ferma opposizione della comunità locale di Archidona, nella provincia di Napo, che martedì 3 dicembre ha iniziato una mobilitazione generale permanente bloccando tutte le vie di comunicazione della zona con l’obiettivo di far desistere il governo dal realizzare il progetto.

Secondo i media ecuadoriani sono circa un migliaio i manifestanti che martedì all’alba hanno bloccato la circolazione della Troncal Amazónica che collega Napo a Orellana e Pichincha, con cumuli di sabbia e pietre, tronchi e barricate di pneumatici incendiati. Un blocco significativo in un’arteria che quotidianamente è attraversata da circa quattro mila veicoli. I blocchi stradali sono stati realizzati in due punti: il primo è quello sul ponte sul fiume Misahuallí che è stato preso come simbolo di resistenza da decine di manifestanti provenienti da comunità e organizzazioni. Il secondo è posto invece sull’incrocio per Narupa-Loreto-Coca.

Ad Archidona esiste già un carcere, ma ora il governo vuole costruirne un altro di massima sicurezza in stile Bukele capace di contenere 736 persone. Il progetto del carcere di Archidona rientra nella strategia del nemico interno e nella “promessa” di Noboa di “risolvere” il gravissimo problema della sicurezza interna con la costruzione di due mega carceri, il primo a Santa Elena e il secondo a Pastaza. Tuttavia, con il passare dei mesi, il progetto sul secondo carcere è stato posticipato e nei documenti governativi figura solo l’investimento di 25 milioni di dollari ma non risulta né un piano o un processo contrattuale né una data per il progetto.

Fino a poche settimane fa quando, nonostante i tentativi del governo e del SNAI (Servicio Nacional de Atención Integral a Personas Adultas Privadas de la Libertad) di nascondere gli intenti, le voci sulla costruzione del nuovo carcere hanno messo in allerta le autorità del Napo e di Archidona che sono riuscite a “scoprire” i progetti governativi. «Con la costruzione del carcere di massima sicurezza – si legge in una nota sulla pagina No a la cárcel en Archidona – lo Stato ecuadoriano colpirà e violerà uno dei principali diritti che hanno i nostri bambini, adolescenti e giovani vale a dire la possibilità di un’educazione in uno spazio di pace e tranquillità».

Tra i promotori della protesta anche l’alcaldesa di Archidona Amada Grefa LLakik Warmi: «Noi come autorità chiediamo che il processo di aumento degli acquisti pubblici sia sospeso fino al 9 dicembre e che avvenga uno spostamento del carcere dove non danneggi la nostra popolazione». Alla protesta della comunità di Archidona hanno aderito anche il vicino cantone di Tena e la provincia di Napo che si sono a loro volta dichiarate in resistenza contro il progetto.

Diverse organizzazioni indigene hanno immediatamente appoggiato la resistenza della popolazione indigena e contadina kichwas. Tra i primi, la Conaie che attraverso un comunicato ha espresso «il suo sostegno alle organizzazioni Kichwa del cantone Archidona, che questo martedì 3 dicembre hanno iniziato una mobilitazione permanente contro il progetto di costruzione di una prigione di massima Sicurezza nel suo territorio. Questo progetto non consultato e illegittimo genererà impatti irreversibili a livello sociale, culturale, economico e ambientale, alterando la pace e la convivenza armoniosa nelle comunità a causa della presenza di gruppi criminali».

Per la Confeniae, altra organizzazione indigena, «l'annuncio del governo di Noboa di costruire questa infrastruttura senza consultazione preventiva costituisce una flagrante violazione dei diritti collettivi dei popoli e delle nazionalità indigene, protetti dalla Costituzione dell'Ecuador e in strumenti internazionali come la Convenzione 169 della OIT […]. Rifiutiamo categoricamente questa mega prigione in Amazzonia – prosegue il comunicato della Confeniae - perché questa misura non rappresenta una soluzione completa alla crisi di insicurezza, tanto più quando il sistema carcerario ecuadoriano soffre di corruzione e filtrazione del crimine organizzato. Questo progetto minaccia con il trasferimento della violenza in Amazzonia ed espone le nostre comunità a maggior rischio».

La resistenza del cantone contro il carcere – dicono dalle barricate – sarà permanente, fino a quando il governo annuncerà la sospensione del progetto, imposto senza alcun tipo di consultazione locale. Archidona es ciudad de paz.

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