Il furto di Pergine e la vendetta di Longarone

Il rapporto dei tifosi unionisti con Zamparini non è mai stato idilliaco. Fin dall’inizio nel 1987, fu conflittuale: dalla decisione di unire due realtà storicamente rivali, il Venezia e il Mestre creando il VeneziaMestre, a quella di rinnegare il nome della squadra e ancor di più di provare a eliminare l’arancione dalle maglie, simbolo della città di Mestre. Il rapporto conflittuale continuò con la questione stadio che Zamparini, come molti altri dopo di lui, voleva far diventare centro esclusivo dei suoi interessi commerciali.

Nonostante la storica serie A conquistata, il rapporto si deteriorò a tal punto che nell’estate del 2002 Zamparini, con un colpo a sorpresa, comprò il Palermo lasciando l’Unione in un mare di debiti in mano al fantoccio Dal Cin. Di più, si portò via mezza squadra obbligando diversi giocatori a seguirlo in Sicilia. 

I tifosi non la presero bene: la felicità per essersi finalmente sbarazzati di Zamparini si mescolò alla rabbia per il furto dei giocatori che si portò Palermo. Fu in quei giorni così burrascosi per l’Unione che avvenne un fatto poco noto ai più, passato alla storia come la “vendetta di Longarone”. 

Narra la leggenda che un gruppetto di tifosi membri degli Ultras Unione, storico gruppo organizzato della Curva Sud del Penzo, stava passando un’allegra serata in spiaggia quando fu raggiunto dalla notizia che il pulmino del Palermo aveva “rapito” i giocatori dell’Unione per portarli nel ritiro rosanero a Longarone.

Il gruppetto di tifosi decise di agire immediatamente per vendicarsi del tiranno e difendere la dignità del VeneziaMestre. La mezzanotte era appena trascorsa quando, finite le ultime birre, alcune auto partite dal litorale veneziano imboccarono l’autostrada d’Alemagna con direzione Longarone. Arrivarono nella città prealpina, famosa per la produzione del gelato e per la tragedia del Vajont, a notte inoltrata e si diressero subito verso la zona industriale dove sono situati gli impianti sportivi.

Nel silenzio e nella solitudine della notte, gli ultras unionisti misero in atto la loro vendetta: entrarono negli impianti sportivi armati di bombolette arancioneroverdi e cominciarono a scrivere frasi ingiuriose contro l’ex presidente nella tribuna centrale del piccolo stadio. Non risparmiarono nemmeno le porte del campo, che si videro tagliate le reti e i pali riempiti di altre scritte. Il blitz durò poco e alla sua conclusione tutto il piccolo impianto sportivo era tappezzato di scritte che non lasciavano dubbi sulla matrice e sulla motivazione del gesto. Ma era notte e nessuno si accorse di niente fino alla mattina seguente quando la squadra siciliana si presentò in campo per l’allenamento e scoprì il regalo di benvenuto lasciato da ignoti al nuovo presidente e ai nuovi giocatori.

Quella notte il gruppetto di tifosi unionisti rientrò in terraferma trionfante pregustandosi già la sorpresa di tutti i tifosi alla notizia della vendetta. Prima di lasciarsi, i sodali si promisero di mantenere l’assoluto riserbo sull’epica serata di sanzionamento dal basso, tanto che ad oggi, nessun tifoso arancioneroverde sa dire con certezza chi furono i vendicatori del furto di Pergine che diedero l’addio, alla maniera ultras, al presidente più odiato della breve storia unionista.

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