Un placcaggio al razzismo


La Federazione Italiana Rugby, attraverso il suo Tribunale Federale, ha squalificato fino al 30 giugno Ivan Nemer, pilone italo-argentino del Benetton e della Nazionale.

La lunga squalifica è stata comminata perché il giocatore si è reso responsabile dello squallido "regalo" razzista di Natale fatto al compagno di squadra Cherif Traore, a cui ha “donato”, nascosto dietro all’anonimato del “secret santa”, due banane marce, tra l’ilarità generale, è bene ricordarlo, dei compagni di squadra.

A seguito della denuncia sui canali social di Cherif Traore, Benetton e organi federali, avevano blandamente preso posizione contro l’ignobile gesto ma poi non se ne era saputo più nulla. Ora arriva una squalifica giustamente pesante e simbolica che, non vorrei sbagliarmi, non ha eguali nel mondo dello sport per il tipo di “fallo” commesso. Una punizione esemplare che non è solo il bando dalle competizioni nazionali e internazionali ma è anche accompagnata da un percorso “rieducativo” al quale Nemer dovrà sottoporsi se vorrà rientrare nei piani della nazionale.

Nemer, si leggi infatti nel comunicato della Federazione, in qualità di specialista della mischia ordinata, dovrà partecipare al Progetto Migranti della Federazione, che punta all’integrazione e all’inclusione di persone richiedenti asilo in Italia, e al tempo stesso dovrà prendere parte ad un percorso di formazione e sensibilizzazione su tematiche di integrazione presso una struttura indipendente.

Tre sono, a mio avviso, le considerazioni importanti da trarre su questa vicenda: la prima è che senza troppo rumore mediatico la Federazione ha dato prova di prendere seriamente la questione badando al sodo (la sanzione e soprattutto il percorso "rieducativo"), piuttosto di lasciare la vicenda in pasto alle polemiche social e non concludere niente rischiando di rendersi complice del gesto, come avrebbe potuto benissimo succedere visto il clima particolarmente “favorevole” in cui viviamo e a cosa siamo abituati nel mondo dello sport e non solo. Decidere di affiancare alla sanzione anche un aspetto rieducativo è un altro elemento molto importante perché dà all'autore la possibilità di comprendere a fondo la gravità del proprio gesto e di riscattarsi. 

La seconda considerazione è che Nemer non ha voluto fare ricorso contro la squalifica, dimostrando forse con questo comportamento di non cercare scusanti, di aver assunto la responsabilità del gesto e di considerarlo tanto grave da meritare una sanzione così lunga. Il pilone, ha anche chiesto di rilasciare una dichiarazione commentando così la sanzione inflittagli: «Accetto la squalifica ed il percorso di reinserimento con serenità ma soprattutto confido, nei mesi e negli anni a venire, di poter contribuire con la mia testimonianza a sensibilizzare sempre più giovani rugbisti su temi che devono essere affrontati e compresi per rendere migliore non solo il nostro sport, ma il mondo in cui viviamo».

La terza è una considerazione più generale e riguarda il mondo del rugby e il ruolo che ha e può avere come volano per un antirazzismo diffuso non solo all'interno del mondo sportivo ma anche nel contesto sociale in cui è inserito. Infatti, se pensiamo che la vicenda è avvenuta in una realtà storicamente chiusa e razzista come quella di Treviso, aver placcato e sanzionato un vigliacco atto razzista che ancora in molti considerano un semplice scherzo goliardico (come dimostrano le risate idiote dei compagni di squadra all'apertura del pacco da parte di Traore), può far riflettere non solo l'intera tifoseria ma anche la stessa città su quanto sia discriminatorio e offensivo il razzismo e quindi sulla necessità di combatterlo smontando anche tutti quei pregiudizi, quelle consuetudini culturali, quei modi di dire e di fare che non hanno ragione di esistere.

Che sia stato fatto un placcaggio al razzismo è indubbio, tuttavia la strada è ancora lunga per estirpare questo virus maledetto. Ben vengano quindi decisioni come quella presa dalla Federazione Italiana Rugby di punire in modo esemplare l'autore di un gesto ignobile e al tempo stesso di costruire assieme a lui un percorso rieducativo. Perché, semmai dovesse succedere nuovamente, non ci sarebbero davvero più scuse né attenuanti. 

Foto di copertina: murales presso lo stadio Battaglini di Rovigo.

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