Intervista a Jonathan Camargo, attivista e comunicatore sociale per il media comunitario Trochando Sin Fronteras sulle elezioni e la difficile situazione del paese.
Pochi giorni prima delle elezioni una raffica di mandati di cattura ha portato all’arresto di numerosi esponenti delle primeras líneas, di leaders del paro, di comunicatori sociali e difensori dei diritti umani. Tra questi, anche Jonathan Camargo, dottore in filosofia, attivista del Congreso de los Pueblos e comunicatore popolare per il medio comunitario Trochando Sin Fronteras per il quale conduce il format radiofonico “Informativo Centro Oriente”.
La notizia degli arresti è passata sotto silenzio a causa della fine della campagna elettorale e in seguito della storica vittoria di Gustavo Petro e Francia Marquez alle elezioni presidenziali. Una vittoria che è stata accolta con euforia ed entusiasmo da tutta la sinistra mondiale, soprattutto per il significato simbolico dietro di essa, vale a dire di aver inferto un duro colpo all’ingerenza statunitense, non solo nel paese, ma anche in tutto il continente latinoamericano.
Un’euforia che a caldo è comprensibilissima perché porta con sé la speranza di poter almeno provare a risolvere i gravissimi problemi del paese, percosso dalla violenza paramilitare, guerrigliera e statale e da disuguaglianze sociali tra le più elevate del continente. Euforia che però, presto o tardi dovrà scontrarsi con la realtà dei fatti: soprattutto in Colombia, vincere le elezioni non significa aver conquistato il potere effettivo del paese, saldamente nelle mani di gruppi di potere economici e militari.
Ma dietro questa euforia da sogno rimangono molti gli interrogativi e le incertezze della realtà rispetto al futuro del paese che Jonathan Camargo analizza per Globalproject nella seguente intervista.
Nei giorni scorsi sei stato vittima di una persecuzione giudiziaria. Ci puoi spiegare cosa è successo?
L’anno scorso ho partecipato alle mobilitazioni dell’estallido social a Yopal nel dipartimento di Casanare e in queste manifestazioni, come nella maggioranza delle manifestazioni di tutto il paese abbiamo organizzato marce, cacerolazos, veglie, proteste, concentramenti, presidi e il blocco in una strada nazionale che collega Yopal al resto del paese. Per oltre un mese in varie occasioni abbiamo subito la repressione dalla ESMAD che ci ha perseguito e stigmatizzato costantemente. Ho partecipato a queste manifestazioni facendo un’attività di portavoce per il Congreso de los Pueblos nelle assemblee popolari di Yopal e del Casanare e sono stato scelto in varie occasioni per dialogare con l’amministrazione dipartimentale e con il governo per cercare soluzioni alle esigenze della mobilitazione.
Il 14 di giugno sono cominciate alcune catture e detenzioni di persone che avevano partecipato al paro a livello nazionale qui a Yopal. Un compagno, un amico che era presente nelle mobilitazioni di Yopal quel giorno ha fatto un live su facebook riprendendo la sua cattura a causa della partecipazione a queste manifestazioni. Così, grazie alla mia avvocata che si è rivolta alla Fiscalía, mi sono reso conto che esisteva un ordine di cattura nei miei confronti.
È per questa ragione che il giorno successivo mi sono presentato volontariamente davanti alla Fiscalía General di Saravena, nel dipartimento di Arauca dove lavoro, per affrontare questo processo giudiziario e dimostrare la mia innocenza. Il 16 giugno si è svolta l’udienza nella quale mi hanno accusato di tre delitti: ostruzione di via pubblica, aggressione a pubblico ufficiale e danni a beni pubblici in particolare a un blindato della polizia e a un CAI (piccola stazione locale di polizia). In questo processo siamo sette persone e io sono stato segnalato come il leader di questo gruppo. Nonostante le accuse, la giudice del caso non ha ritenuto di inviarci in un centro di reclusione domiciliare o carcerario e ci ha rimesso in libertà. Non è la prima volta che subisco la persecuzione giudiziaria: la prima volta sono stato arrestato arbitrariamente nel 2013 en Tunja, nel dipartimento di Boyacá, per aver partecipato a proteste universitarie e la seconda volta nel 2019 a Yopal.
Infine vorrei ricordare che si è fatto un gran parlare degli arresti di Bogotá, di Medellín e di Cali mentre di questo processo e della mia persecuzione non se ne è parlato molto perché la regione del Centro Oriente è abbandonata e dimenticata; non fa parte dell’agenda pubblica. È importante quindi evidenziare che la regione del centro oriente è emarginata nella realtà mediatica del paese.
Persecuzione giudiziaria che ha colpito molti attivisti politici e primeras líneas del paese a poche ore dal ballottaggio. C’è una relazione secondo te?
Il governo nazionale ha creato il Plan Democracia per garantire che le elezioni si svolgessero in modo pacifico e che i risultati non generassero nessun tipo di alterazione dell’ordine pubblico. Il Plan Democracia è un piano di sicurezza che è stato promosso a livello nazionale con cui hanno messo in atto una serie di azioni giudiziarie e arresti di vari partecipanti alle mobilitazioni, leaders del paro, membri delle primeras líneas, dei media di comunicazione alternativi e di difensori dei diritti umani che hanno partecipato al paro nacional. Hanno attuato questo piano argomentandolo con la necessità di rispondere a una presunta minaccia da parte di alcuni gruppi delle primeras líneas che avrebbero potuto danneggiare le elezioni. Un’accusa incoerente e illogica, dal momento che la maggior parte delle primeras líneas o di chi parteciparono all’estallido social nutrivano buone speranze per le elezioni.
Nel suo primo discorso Petro ha chiesto alla Fiscalía di liberare i prigionieri politici della rivolta dello scorso anno. Secondo te ci sono speranze che termini la persecuzione contro gli attivisti?
Di principio dobbiamo guardare a queste affermazioni in maniera positiva. In effetti ci sono state due cose positive nel suo discorso: la prima è che Petro ha fatto un appello alla liberazione delle persone arrestate per cause politiche, ed è una cosa molto apprezzabile che un presidente eletto nel suo primo discorso ponga sul tavolo questa problematica così grave. La seconda è che ha ceduto il microfono alla madre di Dilan Cruz, un giovane assassinato nella protesta del 2019. Allo stesso tempo c’è comunque preoccupazione perché nonostante questo appello di Petro, la Fiscalía non riceve ordini da lui. A maggior ragione che Petro è un presidente di sinistra e il Fiscal General un alleato del governo nazionale e della mafia che governa la Colombia. Quindi alla richiesta di Petro seguirà probabilmente un rifiuto. La situazione è dunque preoccupante ma ha lasciato una buona sensazione, tuttavia bisogna essere realisti e riconoscere che conquistare la presidenza non significa conquistare il potere, sarà quindi molto difficile ottenere cambi strutturali, per esempio rispetto alla politica di persecuzione e criminalizzazione dei giovani e dei manifestanti in Colombia.
Qualche mese fa in una intervista l’avvocato Torregroza della Fundación Joel Sierra ci ha raccontato della drammatica situazione di violenza vissuta nel dipartimento. Qual è la situazione ora nel dipartimento, le elezioni hanno fermato l’ondata di violenza?
Innanzitutto c’è da dire che domenica sono state assassinate due persone che lavoravano nella campagna elettorale di Petro in alcuni territori qui vicino. Questo, Petro non lo ha detto nel suo discorso ed è doloroso che se ne sia dimenticato. Non si può parlare di democrazia mentre le persone vengono, arrestate, criminalizzate, stigmatizzate e assassinate per pensare diversamente. Rispetto al dipartimento dell’Arauca dobbiamo tenere in conto che qui ha vinto Rodolfo e solo in un municipio ha vinto Petro. Hernandez ha vinto praticamente in tutto il Centro Oriente, e questo, a mio avviso e lo dico criticamente, è colpa del disinteresse della campagna del Pacto Histórico in questo territorio, soprattutto per lo scarso bacino elettorale. Inoltre c’è questa dinamica del conflitto che ha acutizzato la violenza e che non dà garanzie per sviluppare una campagna elettorale democratica, aperta e in faccia alla gente. È una sfida molto importante anche perché in questa regione c’è una alta presenza dell’ELN che tra l’altro ha appena annunciato che sono disposti a continuare i negoziati di pace che il governo di Duque ha sospeso quando è arrivato alla presidenza. Questa apertura al dialogo può rafforzare lo scenario di riduzione del conflitto, da una parte e dall’altra, perché sappiamo che lo stato colombiano, ruppe il dialogo e attaccò l’ELN. Va però considerato che c’è una forte opposizione all’interno delle forze militari e di polizia al governo di Petro, quindi siamo in attesa di capire quale sarà il posizionamento delle forze militare e di polizia che non dovrebbero essere politicizzate ma che chiaramente non sono a favore che il governo di Petro garantisca un processo di trasformazione interno delle forze militari.
Qual è stata la reazione delle organizzazioni sociali, come il Congreso de los Pueblos, alla vittoria di Petro?
Il compito storico è sempre stato quello di costruire processi di organizzazione territoriali che permettano alle comunità di sviluppare i propri piani di vita, di equilibrio armonico regionale. Progetti che vanno oltre i progetti di un presidente di sinistra, di destra, socialdemocratico o progressista. Il compito delle comunità è sempre stato quello di promuovere embrioni di potere popolare per la costruzione di una nuova società. Ora vedremo se il governo eletto del Pacto Histórico, garantirà gli affari della borghesia o l’apertura di spazi perché le comunità e il popolo organizzato partecipino alle trasformazioni che sono necessarie. Senza dubbio il panorama è abbastanza incerto perché ancora non sappiamo quali saranno gli obiettivi. Tuttavia ci sono altre due cose importanti da tenere a mente: il primo elemento è quale sarà il gabinetto presidenziale, cioè quali saranno i ministri, e quali forze politiche guadagneranno i ministeri. Lì sapremo che cammino prenderà il governo del Pacto Histórico. Il secondo elemento è tenere in conto cosa succederà nel paese da qui al 7 di agosto [giorno dell’entrata in carica di Petro]; mancano ancora poco meno di due mesi, e sicuramente la destra, l’uribismo, i settori che hanno governato in Colombia non lasceranno che Petro governi facilmente.
Credi ci sia la possibilità che la destra o l’uribismo attuino un colpo di stato?
Almeno nel breve termine no, non credo. Alla destra, all’imperialismo soprattutto, lo abbiamo visto per esempio con il messaggio del rappresentante del governo statunitense, gli conviene vendere il discorso che ha vinto la democrazia. Né ad Alvaro Uribe né a Rodolfo Hernandez o ai settori più recalcitranti della destra colombiana gli conviene oggi un esercizio di destabilizzazione e aggravamento delle contraddizioni. Al contrario, a loro conviene vendere il discorso che ha vinto la democrazia e che bisogna rispettare i risultati e la Costituzione, di fatto il messaggio di Alvaro Uribe è stato questo: Petro è il presidente e noi rispetteremo questa scelta. Però sicuramente il punto è quanto Petro potrà prendere decisioni che vadano contro gli interessi della classe dominante senza che ricominci l’opposizione e la guerra sucia. E non è assolutamente difficile dal momento che l’alto comando delle forze militari è ideologicamente preparato per difendere il loro progetto di paese, delle destre, e soprattutto anche perché hanno una struttura narcotrafficante e paramilitare molto consolidata nei territori e non gli ci vuole poi molto per ricominciare con la violenza paramilitare contro le organizzazioni e i referenti politici che a livello del territorio sono intorno al nuovo governo del Pacto Histórico. Quindi, ricordando per esempio che hanno assassinato una persona che faceva campagna elettorale per Petro il giorno delle elezioni, nella misura in cui il governo di Petro si allontanerà o disobbedirà agli ordini del capitalismo internazionale loro intensificheranno la guerra contro il popolo. Non sarebbe per nulla complicato per loro, come destra e come ultra destra paramilitare. Bisogna capire se ai grandi signori del mondo e del paese gli conviene che succeda questo o meno e se non gli conviene ora sicuramente lo eviteranno.
Ci sono molti punti interrogativi e incertezze sul nuovo governo. Infine, mi sembra molto importante l’ultima dichiarazione che ha fatto l’ELN in relazione al governo di Petro perché pongono all’attenzione due punti fondamentali: il primo è la dottrina del nemico interno e il secondo il tema del narcotraffico. Promuovere la dottrina del nemico interno, dell’anticomunismo, dell’anti sinistra fa sopravvivere la logica della persecuzione verso chi pensa differente, anche oltre il progressismo o il liberismo. Inoltre vedremo se la proposta agraria, alimentare, economica di Petro riuscirà a far superare e a smontare il problema del narcotraffico e del paramilitarismo. A mio avviso questi sono due passaggi molto importanti da affrontare per poter cambiare la realtà di questo paese.
Tratto da Global Project