Con chi vogliamo stare?

«Esistono sinistre fanatiche, capaci di giudicare a migliaia di km di distanza ciò che è buono, progressista e necessario per un popolo. Facciamo uno sforzo maggiore per capire ciò che sta succedendo ed essere solidali per davvero».

La rivolta scoppiata in Bolivia che ha portato alle dimissioni di Evo Morales ha sconvolto le sinistre, istituzionali e di movimento, di tutto il mondo, latinoamericane ed europee. Sinistre che si sono subito adagiate acriticamente sulle posizioni di Evo Morales, non solo denunciando il più atipico dei golpe dalla notte dei tempi, ma anche aggredendo e denigrando verbalmente chi in questi giorni ha cercato di raccontare una realtà molto più complessa e frammentata, di quella semplicistica e banale riassunta nella polarizzazione: o contro il golpe, o con i fascisti!

Il ritornello sulla polarizzazione e pure quello sul golpe ha però distolto l'attenzione di tutte e tutti da quello che realmente stava succedendo in un paese in cui una moltitudine si era sollevata contro i ripetuti attacchi alla democrazia portati dal suo presidente indigeno, in cui i movimenti indigeno, operaio e studentesco, per esempio, o le organizzazioni sindacali si sono frammentati in mille posizioni, in cui a scendere nelle piazze sono stati anche cittadini senza appartenenza politica e in cui, si sono affrontati col coltello tra i denti i fedelissimi del caudillo indigeno e i gruppi di destra che hanno cavalcato una rivolta nata dal basso, per cercare di riprendere il controllo del Paese.

In questo caos, dove tutto è frammentato, dove tutti cercano e danno risposte, io credo che sia importante indagare, cercare di capire e di scoprire cosa sta succedendo, seguire l'esempio degli zapatisti e porsi delle domande. Cosa ha permesso dunque alla polarizzazione di catturare l'attenzione di tutte e tutti tanto da far rifiutare categoricamente qualsiasi altra possibile opzione? A mio avviso, tre parole, e tre rispettive domande, lo possono spiegare bene: colonialismo, inganno, illusione.

COLONIALISMO
Molti dei commenti, degli articoli, delle prese di posizione che si sono schierati con Evo e contro il supposto colpo di stato fascista e militare sono sembrati più il muoversi dei carrarmatini del Risiko piuttosto del frutto di un'attenta analisi degli eventi in corso o di una reale conoscenza sul campo che andasse oltre gli articoli di esperti osservatori e analisti, di parte o ai messaggi via twitter dello stesso Morales. Non solo, spesso gli stessi commenti, articoli, prese di posizione "indicavano" agli indigeni sollevati (laddove veniva ammessa come possibilità) cosa era meglio per loro, cosa avrebbero dovuto fare, i motivi per cui avevano sbagliato a sollevarsi. Inoltre, di fronte agli errori e agli orrori commessi dal governo di Evo Morales, ho riscontrato un'indulgenza assoluta, cosa per altro non concessa agli stessi indigeni in rivolta. Il discorso del portavoce della nazione qhara qhara [1], uno dei tanti tratto ad esempio, è risultato incomprensibile ai più e, nel migliore dei casi, minimizzato e ritenuto di poca importanza. L'apoteosi di questo atteggiamento colonialista è avvenuto quando si è alzato un coro unanime di condanna e indignazione per i poliziotti che hanno bruciato la whipala (la bandiera dei popoli andini simbolo di pluralità), atto di cui poi hanno pure chiesto scusa pubblicamente. La stessa condanna e indignazione però è scomparsa quando si è fatto notare che il governo di Evo Morales ha distrutto il Tipnis costruendo un'autostrada e ordinato il massacro degli indigeni che difendevano uno dei parchi naturali più importanti della Bolivia o ha tradito i valori del "ama qhilla", "ama llulla" e "ama suwa" (non essere pigro, non essere un bugiardo, non essere un ladro), ritenendoli, evidentemente, non così importanti di fronte alla minaccia fascista in atto. Una doppia faccia che dimostra il colonialismo di fondo di cui siamo permeati, anche a sinistra, che porta a considerare gli indigeni solo quando sono comodi alle nostre posizioni e soprattutto a pretendere di sapere cosa è bene o cosa è male per loro. Quando la smetteremo di fare gli indigeni coi poncho degli altri?

INGANNO
Il più grande inganno Evo Morales lo ha fatto ai suoi stessi concittadini. Dopo essere arrivato al potere grazie al potentissimo ciclo di lotte dell'inizio del secolo (la guerra dell'acqua e la guerra del gas), Evo Morales col passare degli anni ha rinnegato i valori indigeni e si è concentrato esclusivamente sul riprodursi al potere, come se fosse l'unico in grado di poter rappresentare la Bolivia. È un inganno anche credere che il MAS sia un movimento progressista che ha “solo” smarrito la rotta rispetto, per esempio, all’estrattivismo, troppo poco per non difenderlo di fronte al pericoloso attacco della destra fascista. Detto del Tipnis e di come ha "risolto" le proteste, l'inganno è stato anche quello di far credere che il suo progressismo sia stato un movimento di rottura col capitalismo e l'unica alternativa possibile al sistema stesso. Evo ha centralizzato tutte le decisioni nella sua figura, ha ridotto gli spazi democratici, ha represso con la violenza ogni tentativo di protesta, soprattutto ha annichilito i movimenti, destabilizzandoli e sostituendo i dirigenti non allineati e ha fatto tutto questo rafforzando e facendo patti con le destre - per esempio gli incendi nella Chiquitania dell'estate scorsa [2] - e costruendo la paura di un nemico, proprio attorno al possibile ritorno delle destre. Un altro inganno è stato quello di far credere che nelle piazze ci fossero solo le destre fasciste, alimentando i discorsi sulla polarizzazione e sul golpe per costringere a schierarsi con lui, o con i fascisti. La composizione e la complessità delle piazze boliviane avevo provato a farlo raccontare dalle parole di compagni boliviani [3], ma evidentemente è passato inosservato. La rivolta è stata composita, dalle tanto odiate destre fasciste di Santa Cruz a cittadini, indigeni, studenti, movimenti femministi è stato questo movimento inarrestabile a portare alla caduta di Morales. Che poi i media abbiamo riportato il solo Camacho a Palazzo Quemado inginocchiato con la bibbia in mano, o le violenze dei suoi gruppi, questo è un altro discorso, ma da quando diamo per affidabile e incontrovertibile quello che scrive Repubblica o TeleSur? 

ILLUSIONE
È illusione pura che il progressismo sia meglio del neoliberismo. Sono due facce, complementari, della stessa medaglia. È illusione perché ci fa credere che vincendo Evo la Bolivia ritornerebbe a essere quel gioiello di serenità e che metteremo in scacco fascisti e capitalismo. Sbagliato, come già detto il progressismo in Bolivia, Ecuador, Brasile, Argentina, ha fallito ed è finito perché non è stato un ciclo anticapitalista non avendo intaccato le disuguaglianze ma ha diminuito la povertà, fatto conquistare diritti, ridistribuito gli accumuli del capitale grazie agli alti prezzi delle materie prime senza toccare l’accumulo di capitale dei "los de arriba" e, finita l’epoca d’orata, ha prodotto una contrazione dei diritti e della capacità economica delle classi più deboli e soprattutto ha provocato la restaurazione di regimi di governo autoritari e repressivi (vedi Piñera, Macri, Bolsonaro). Se, Morales è sopravvissuto a questo caos è perché ha garantito una continuità al sistema, tanto che, occorre ricordarlo, uno strumento fortemente reazionario e imperialista come la OEA ha avuto una posizione quasi imparziale in questi giorni (e senza dimenticare che il suo presidente Almagro ha avvallato la ricandidatura di Evo dopo il no del referendum). È illusione credere che il meccanismo politico della delega sia garanzia di giustizia e democrazia perenne, in questo caso illusione tradita dalla metamorfosi del MAS avvenuta nel corso degli anni. Perché allora ci illudiamo che sostenendo Evo, combattiamo il fascismo e il capitalismo? 

Infine, se non ho mai utilizzato il termine golpe è perché questa è la posizione che mi sembrava giusto prendere ascoltando le voci dei compagni boliviani con cui sono stato in contatto e da cui ho cercato di farmi raccontare giorno per giorno il susseguirsi degli eventi. Se proprio dobbiamo chiamare golpe qualcosa, dobbiamo farlo dal momento in cui la Añez, tre giorni dopo le dimissioni Evo, ha forzato la mano e si è autoproclamata presidente [4], anche se è da tenere a mente che nei giorni successivi le opposizioni ora al potere e i rappresentanti del MAS in parlamento hanno raggiunto un accordo sulla spartizione delle cariche. Tendiamo a scordarci una cosa fondamentale quando attraversiamo i social, ovvero che siamo persone in carne ed ossa, che hanno emozioni, una storia, delle relazioni. Da molti anni con l'associazione Ya basta! Êdî bese! cammino domandando con le popolazioni e le organizzazioni anticapitaliste del pianeta e in uno di questi viaggi ho avuto la fortuna di conoscere i "guerrieri dell'acqua" che difesero il diritto inalienabile al bene comune più prezioso in assoluto che abbiamo, l'acqua appunto. E sono state quelle voci di compagne e compagni a indicarmi la strada da seguire.

Inoltre, più volte in questi giorni mi è stato rinfacciato il "timing", ovvero l’ingenuità di aver sbagliato i tempi perché ora il problema è la pericolosità dei fascisti che riprendono il potere e cominciano a fare ciò che sappiamo tutti sanno fare bene: spargimenti di sangue. Questa del "timing" però è una domanda che respingo al mittente. Scegliere di gridare al golpe invece di sostenere chi stava lottando per le strade, ha finito per indebolire i movimenti anti sistema in rivolta e al tempo stesso dare rafforzare le destre fasciste. Perché quindi non avete sostenuto chi desde abajo y a la izquierda lottava nelle piazze invece di gridare al golpe? 

Io credo che chiunque abbia a cuore l’emancipazione della società e la costruzione di un’alternativa al sistema capitalista e in questi giorni si è schierato contro il golpe (come se poi fosse importante definire in qualche modo il movimento tellurico che ha scosso la Bolivia e non invece cercare di comprenderne i motivi), dovrebbe rispondere subito a un’unica e fondamentale domanda: con chi vogliamo stare?

Io l'ho scelto da tempo: abajo y a la izquierda, o con la whipala, perché "questa pluralità che rappresenta è ciò che dobbiamo recuperare".

[1] https://www.youtube.com/watch?v=gs9kkFhl78Y

[2] https://www.globalproject.info/it/mondi/la-bolivia-verso-le-elezioni-tra-incendi-e-progressismo-anti-ambientale/22232

[3] https://www.globalproject.info/it/mondi/ne-evo-ne-mesa-ne-camacho-caos-e-assenza-di-orizzonti-politici-nel-dopo-elezioni-in-bolivia/22348

[4] https://www.servindi.org/actualidad-opinion/15/11/2019/evo-perdio-evo
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