Un milione in piazza per il clima, parliamo di questo!


È il giorno del terzo #climatestrike, lo sciopero per il clima lanciato dal movimento #FridayForFuture. Quel movimento che i detrattori di Greta si ostinano a non voler vedere, presi come sono nel cercare di “aprirci gli occhi” su quella ragazzina di 16 anni con le treccine manipolata dal Potere e che a sua volta ci manipola, facendoci diventare “servi del capitalismo”. Quel movimento che ha invaso nuovamente le strade, riprendendosi simbolicamente il futuro: 180 le differenti azioni, oltre un milione di ragazze e ragazzi in piazza in tutto il Paese. 

A Venezia, come già durante il primo “Climate Strike” del 15 marzo scorso, è passata una marea di giovani: a metà strada il corteo ha sfilato per le stretti calli veneziane per 40 minuti da capo a coda. Una marea di giovani dunque, un corteo gioioso, sorridente e chiassoso come si conviene, ma anche determinato e preparato: con pinne e boccagli gli studenti hanno denunciato i pericoli del riscaldamento globale per la città, tra le più esposte al rischio di finire sotto acqua se l’innalzamento dei mari dovesse verificarsi. E non ci sarà MOSE che tenga. Proprio il MOSE, come il passaggio delle grandi navi all’interno della laguna con l’idea folle di scavare altri canali per permetterne anche in futuro di restar dentro alla laguna, sono un chiaro esempio di come l’azione umana volta al profitto scavalchi ogni tipo di giustizia climatica e sociale, producendo ricchezza per pochi, sfruttamento del lavoro per molti e soprattutto insostebibilità e devastazione ambientale. 


Ma non solo, davanti alla sede della Rai, gli studenti hanno denunciato la scarsa attenzione dei media e scandito i nomi delle 100 multinazionali colpevoli di oltre il 50% dell'inquinamento globale, per testimoniare che, è giusto cambiare gli stili di vita, ma è necessario cambiare il sistema per salvare il pianeta. E poi ancora, passando davanti a uno dei tanti negozi di Benetton, gli studenti si sono fermati e lo hanno recintato e bloccato perché simbolo di un capitalismo estrattivo che produce macerie e morti in ogni parte del mondo al proprio passaggio: nonostante la facciata da "capitalismo green" la multinazionale trevigiana in Patagonia è responsabile dell'usurpazione dei territori mapuche a cui "regala" in cambio repressione con la complicità dello stato argentino; repressione che porta sgomberi per le comunità in resistenza o recinzione dei corsi d’acqua fino ad arrivare a uccidere, come successo a Santiago Maldonado. In Bangladesh, la stessa multinazionale è stata responsabile del crollo di un edificio che ha provocato decine di morti e al cui interno venivano manufatti i propri capi di abbigliamento, senza dimenticare il ponte Morandi di Genova gestito da una società del colosso. 

Questo è stato il Friday For Future di Venezia, un movimento vero, non un complotto del capitalismo per farci credere che cambierà tutto affinché nulla cambi. Un movimento di ragazze e ragazzi preoccupati per il proprio futuro, ma determinati e sorridenti, tutto il contrario, per esempio, di chi oggi attraversava o superava il corteo brontolando, facce tese, tristi e infastidite per la perdita di tempo, incapaci di comprendere a fondo la gravità della situazione di cui proprio la generazione del “progresso infinito” è responsabile, incapaci di lasciare lo spazio e il tempo a chi davvero può regalare a tutte e tutti un futuro con più giustizia climatica e sociale.

Lo sciopero "climatico" di venerdì 27 settembre ha bloccato l'Italia. Parliamo di questo, del cambiamento che sta arrivando (piaccia o meno). Non di Greta.

Nuova Vecchia