Perù, cambia il presidente ma la polizia continua ad uccidere manifestanti


La giornata di sciopero generale contro la nomina del nuovo presidente José Jerí e il Congresso corrotto si conclude in tragedia: durante la repressione della manifestazione a Lima un poliziotto in borghese ha ucciso a colpi di pistola il giovane Mauricio Ruiz Sanz.

Le mobilitazioni erano state indette da diverse organizzazioni a seguito del “maquillage” istituzionale imposto dal Congresso la scorsa settimana, con la deposizione della presidente Boluarte, scaricata dopo quasi tre anni e cinquanta morti sulla coscienza, divenuta ormai persona impresentabile e non più difendibile.

Al suo posto il Congresso ha nominato presidente José Jerí, un politico semisconosciuto pur essendo divenuto presidente del Congresso stesso e per questo il primo nella linea istituzionale di successione in caso di deposizione del presidente.

Oltre ad essere un politico poco conosciuto, Jerí è un politico con una scarsa base elettorale dal momento che è diventato presidente solo grazie a una supplenza interna al suo partito, Somos Peru. Per questo motivo è molto probabilmente una figura facilmente malleabile, una marionetta, come del resto lo è stata per questi tre anni l’usurpatrice Dina Boluarte.

A riprova della continuità nonostante il cambiamento, Jerí ha votato contro nel Congresso nei precedenti tentativi di giudicare l’ex presidente, e ha invece votato a favore a tutte quelle leggi che hanno blindato il Congresso, favorito l’indebolimento della democrazia e le leggi repressive e infine a quelle che hanno protetto le forze degli ordini dagli abusi e dalle violenze delle forze armate. A completare il quadro, le indagini per reati di corruzione e soprattutto quella di violenza sessuale archiviata dalla magistratura “per mancanza di prove”.

I motivi per contestare il nuovo presidente sono dunque molti. Per questo il 15 ottobre è stata indetta una mobilitazione nazionale contro la sua nomina e contro il “patto mafioso” fujimorista che detiene il potere nel Congresso.

In tantissime città, da Trujillo ad Arequipa si sono svolte partecipate manifestazioni, ma è soprattutto in quella della capitale Lima che si sono verificati gli episodi di repressione più gravi. La marcia partita nel tardo pomeriggio si è diretta pacificamente verso la sede del Congresso ma ben presto è stata circondata e attaccata dalle numerosissime forze dell’ordine presenti.

La polizia non ha usato “solo” i mezzi tradizionali di repressione, come gli idranti e i gas lacrimogeni, ma ha anche utilizzato proiettili che sono stati sparati direttamente verso il corpo delle persone, come dimostrano i numerosi video presenti in rete.

La tragedia si è consumata in Plaza Francia, a pochi passi dalla centrale Plaza de San Martín. Qui un giovane è caduto sotto i colpi di pistola di un poliziotto vestito in abiti civili. Trasportato all’ospedale Loayza, Mauricio Ruiz Sanz, manifestante e rapero appartenente al bloque hip hop di San Martín de Porres vi è giunto già senza segni vitali.

A farne le spese non sono stati soltanto i manifestanti: secondo quanto riporta la Asociación Nacional de Periodistas del Perù 11 giornalisti sono stati feriti (più altri tre in attesa di conferma) durante la copertura della manifestazione, di cui 6 colpiti da proiettili.

All’ospedale Loayza sono giunti anche altri feriti, tra cui dei minorenni e Luis Reyes Rodriguez giovane di 27 anni colpito alla testa dai proiettili sparati dalla polizia e che secondo una parente della vittima è in coma indotto e ha “una parte di cervello distrutta irreparabilmente”. Un comunicato del Minsa (ministero della Salute) pubblicato a mezzanotte, segnalava che erano 16 le persone ferite condotte all’ospedale Loayza, di cui due in stato critico e uno ancora in sala operatoria.

Un altro ministero, quello dell’Interno si è invece affrettato a smentire le denunce di poliziotti in borghese infiltrati tra i manifestanti, tuttavia le loro azioni, compresi gli arresti arbitrari, le aggressioni a cittadini disarmati e agli operatori dell’informazione sono state registrate e ampiamente divulgate sui social network smentendo categoricamente le bugie del governo.

Il nuovo presidente Jerí ha promesso che avrà mano dura contro i violenti che si sono infiltrati nella manifestazione provocando le violenze costate la vita al giovane manifestante, ma c’è da giurarci che sono solo parole spese al vento perché, ancora una volta, le violenze sono state provocate dagli uomini armati con caschetti e la divisa.

La giornata di protesta ha lasciato un saldo terribile: una vittima, sedici feriti di cui due gravi e una ventina di persone arrestate. Rabbia e indignazione hanno riempito le strade della capitale e di tutto il Paese e, nonostante l’intensificarsi della repressione, i manifestanti continueranno a riempirle, fino a quando “l’assassino Jerí” non si dimetterà.

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