A quasi tre anni dal suo insediamento - o come direbbero i suoi moltissimi detrattori, dalla sua usurpazione - la presidente Dina Boluarte è stata messa sotto accusa e destituita dal Congresso a trazione fujimorista a seguito di una mozione di sfiducia per “incapacità morale” a gestire e a risolvere la gravissima crisi di sicurezza. Al suo posto, il Congresso ha nominato come nuovo presidente José Enrique Jerí Oré, presidente dello stesso Congresso e per questo il primo nella linea di successione.
L’epilogo per Boluarte, una presidente contestatissima e odiata dalla maggioranza della popolazione per il suo “tradimento” all’ex presidente, il maestro Pedro Castillo, e per la sua responsabilità nella repressione che ha prodotto oltre 50 vittime, è avvenuto nella serata del 9 ottobre quando, a seguito dell’ennesimo attentato subito da un gruppo musicale durante un concerto, il Congresso peruviano ha avanzato ben 5 mozioni di sfiducia nei suoi confronti.
Le cinque mozioni presentate dai diversi gruppi politici hanno avuto come motivazione l'aumento della criminalità, le estorsioni, le indagini per corruzione come il caso "Rolex", i viaggi internazionali e la cattiva gestione. Soltanto due delle mozioni nelle motivazioni hanno fatto riferimento agli omicidi registrati durante le proteste nel 2022 e 2023, nei giorni in cui la deposizione di Pedro Castillo aveva scatenato una rivolta popolare in tutto il Perù.
Alla notizia del suo giudizio al Congresso, centinaia di persone sono scese in strada nella capitale Lima, dirigendosi da una parte verso il Congresso stesso e dall’altra verso l’ambasciata dell’Ecuador dove, correvano voci, la presidente avrebbe potuto rifugiarsi per chiedere asilo politico e sfuggire alle sue responsabilità.
Nel corso della stessa serata è iniziato il dibattimento, al quale Boluarte non ha partecipato rinunciando a difendersi, e infine anche la decisione del Congresso che ha votato compatto per la sua destituzione: 124 voti a favore, 0 contrari e 0 astenuti.
Nelle strade è iniziata la festa: la sua “dittatura” è iniziata nel peggiore dei modi, con il tradimento del presidente-maestro Pedro Castillo ed è proseguita ancora peggio, con una repressione brutale delle proteste che ha causato oltre 50 morti, centinaia di feriti e di detenuti, in particolare tra i popoli andini e amazzonici.
Con un indice di popolarità inferiore al 5% negli ultimi due anni, Boluarte è stata uno strumento consapevole del corrotto Congresso peruviano al servizio delle élite economiche, ha promosso politiche repressive e di criminalizzazione della protesta sociale e delle vittime degli abusi della polizia, ha contribuito a fare a pezzi la già debole democrazia peruviana avallando leggi liberticide e autoritarie. Per questo nelle piazze peruviane è risuonato forte ¡no era presidenta, era asesina!
Un accordo tra i partiti ha portato a eleggere come nuovo presidente lo semi sconosciuto José Enrique Jerí Oré, esponente di Somos Peru (partito di centro destra), già presidente del Congresso e per questo il primo nella linea di successione nel caso di destituzione del presidente in carica.
La scelta di Jerí è una scelta che garantisce continuità e impunità all’élite dirigenziale che ha in mano il Congresso: il nuovo presidente, oltre ad aver difeso Dina Boluarte nelle precedenti mozioni di sfiducia, è indagato per alcuni atti di corruzione ed è stato denunciato per violenza sessuale, caso archiviato dal giudice per “mancanza di prove”.
Come riporta Wayka nel suo editoriale di presentazione del nuovo presidente «Jerí è arrivato al Congresso nel 2021 come vice presidente uscente di Martín Vizcarra, che era stato destituito dallo stesso Congresso, cosa che gli ha permesso di assumere il suo incarico nonostante il suo voto fosse stato minimo: ha ottenuto circa 11.600 voti alle elezioni, cifra che evidenzia il suo debole sostegno popolare diretto e quindi la sua scarsa legittimità».
Nel suo discorso di insediamento come Presidente, José Jerí ha chiesto scusa per gli "errori" e ha invocato la "riconciliazione". Tuttavia, non ha menzionato i familiari dei 50 peruviani assassinati dalla “dittatura” di Dina Boluarte.
Che il futuro del Perù sia ancora tenebroso e in linea con il recente passato è confermato anche dal nuovo presidente del Congresso, Fernando Rospigliosi, politico che ha annunciato un progetto legislativo per amnistiare i poliziotti e i militari responsabili delle 50 vittime e dei centinaia di feriti durante le proteste del 2022 e 2023.
«Signora Boluarte e i deputati che hanno appoggiato questa dittatura – diceva durante un presidio Milagros Samillán, portavoce dell’Organización Nacional de Familiares de Víctimas de la Masacre de 2022–2023 - siamo qui, vigili. Da Ayacucho a Lima non facciamoci ingannare, la destituzione è una mossa sporca!»
Il Paese rimane in mano di un Congresso che ha oltre il 90% di disapprovazione e senza soluzioni in tema di sicurezza. «La “vacancia” non basta – scrive ancora sui social Milagros Samillán - esigiamo giustizia, verità e la cattura di Dina Boluarte». È necessario “que se vayan todos”, ma i presupposti sono tutt’altro che favorevoli…
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