El Salvador, le vittime innocenti dello stato d'eccezione


Una gravissima denuncia arriva dall’organizzazione salvadoregna Socorro Juridico Humanitario: da quando il regime di Nayib Bukele ha istituito lo stato d’eccezione nel marzo 2022, 430 persone private della libertà sono morte durante la detenzione nelle mani dello Stato. Una media inquietante di 10 persone al mese.

La denuncia si aggrava ulteriormente con un altro dato significativo: il 94% delle vittime, aveva un processo penale ancora in corso, non aveva condanne precedenti e soprattutto non aveva il “profilo del pandillero”. Il report dell’organizzazione di difesa dei diritti umani dice altre cose importanti su come funziona il tanto osannato “sistema carcerario Bukele”: il 40% delle vittime è morto nei primi quattro mesi di detenzione, senza aver avuto accesso a tutti i gradi di giudizio.

Inoltre, sempre secondo la denuncia del Socorro Juridico Humanitario, circa il 35% delle morti è avvenuta per causa violenta, a dimostrazione del “trattamento particolare” riservato a chi entra nelle carceri salvadoregne. «Le testimonianze dei liberati – denuncia il report del Socorro - testimoniano come i custodi dei centri penali sono i principali torturatori, come rituale di benvenuto vengono picchiati, anche per costringerli ad accettare di essere membri di bande o per qualsiasi azione che considerano reati all’interno delle prigioni».

La tortura nelle carceri non avviene solo attraverso comportamenti violenti fisici e psicologici ma anche negando ai detenuti le cure mediche necessarie: il 32% delle vittime, infatti, è morto a causa della mancanza di assistenza medica per patologie curabili come diabete, ipertensione, problemi gastrointestinali, malnutrizione, ma anche per quelle terminali come tumori o insufficienza renale cronica.

Il lato oscuro del regime d’eccezione si manifesta con un altro dato importante: per il 28% delle vittime le organizzazioni di difesa dei diritti umani non sono riusciti a raccogliere informazioni sulle cause dei decessi per l’ostruzionismo dello Stato e per la paura dei parenti delle vittime di subire ritorsioni. A causa di questo, le vittime del regime d’eccezione potrebbero quindi essere ben più delle 430 accertate ed avvicinarsi approssimativamente alle migliaia.

Per Ingrid Escobar, direttrice del Socorro Juridico Humanitario intervistata da Radio Ysuca «non è normale che le persone muoiano in questa quantità senza il diritto ad avere una seconda udienza, senza il diritto ad avere un giudizio giusto, senza il diritto alla presunzione di innocenza o al diritto alla difesa. In futuro potrebbero esserci conseguenze gravi per i funzionari dello Stato che stanno permettendo tutto questo».

La deriva autoritaria del regime di Bukele è sotto gli occhi di tutti eppure, secondo la narrativa ufficiale, la popolazione salvadoregna sostiene il proprio presidente e la politica di tolleranza zero: se è vero che le sue misure hanno fatto diminuire drasticamente la violenza nelle strade, è altrettanto vero che non solo sono aumentate le violenze “legali”, le torture e le violazioni dei diritti umani, ma si sono anche ristretti gli spazi pubblici di manifestare dissenso e la libertà di espressione.

Solo nell’ultimo mese, infatti, oltre 40 giornalisti sono scappati in esilio, prima che il regime di Bukele arrivasse per arrestarli. È la denuncia di Óscar Martínez, giornalista di El Faro, anch’egli in esilio per aver “osato” indagare sui rapporti tra il presidente e la “Mara Salvatrucha-13”, il più famoso dei gruppi criminali con cui, secondo il giornalista, Bukele avrebbe stretto un patto perché lo aiutassero a vincere le elezioni del 2019.

A farne le spese anche organizzazioni che difendono i diritti umani: nei giorni scorsi la ONG Cristosal ha annunciato dal Guatemala la sospensione del proprio lavoro nel Paese dopo 25 anni a causa della stretta autoritaria nei loro confronti da parte del Governo. Il direttore della ONG, Noah Bullock, ha affermato che l’organizzazione è diventata un obiettivo di persecuzione del regime di Bukele e la sua uscita è il primo annuncio pubblico di un’organizzazione dall’entrata in vigore della Legge sugli Agenti Stranieri.

Per Samuel Ramírez, del Movimiento Víctimas del Régimen, intervistato dall’agenzia EFE, lo stato d’eccezione «non serve per combattere le pandillas ma per contenere il malcontento sociale e popolare ed è diventato un meccanismo che garantisce la governabilità al presidente infatti – sostiene sempre Ramírez – la popolazione ha paura a manifestare, a protestare, a denunciare e questo è ciò che cerca il Governo, che nessuno parli o denunci».

Sul tema dello stato d’eccezione ha preso parola anche il cardinale Gregorio Rosa Chávez secondo cui è un regime di terrore che genera violazioni dei diritti umani. In una recente intervista, il cardinale ha lanciato un accorato appello perché lo stato d’eccezione «termini quanto prima e le persone possano tornare ad esprimersi liberamente».

Le vittime innocenti dello stato d’eccezione promosso dal regime di Bukele mettono chiaramente in evidenza come lo stesso presidente abbia affossato la democrazia in nome della guerra alle organizzazioni criminali con cui lo stesso potere politico scende a patti pur di mantenersi al potere.
Nuova Vecchia