Con il 99% di voti scrutinati, Lenin Moreno ha ottenuto il 51.16% contro il 48,84% di Guillermo Lasso banchiere ed esponente di Alianza Creo, il partito conservatore e neoliberista che non ha accettato la sconfitta e ha già annunciato una radicale ma pacifica opposizione a quello che considera un "fraude electoral". L'opposizione, nel corso della votazione aveva già dato indicazioni ai suoi sostenitori di scendere in piazza per difendere la democrazia dai brogli.
Che la tornata elettorale ecuadoriana fosse un appuntamento sentito in tutta la regione lo si evince dalle felicitazioni e dai sospiri di sollievo dei leader progressisti rimasti, Evo Morales e Nicolas Maduro in testa. Questa inversione di tendenza rispetto a quanto accaduto negli ultimi mesi nei paesi limitrofi lo si deve forse alla figura di Lenín Moreno il vincitore che, a detta di molti analisti, rappresenta una spaccatura all'interno della continuità poiché se da un lato ha promesso di dar seguito alla Revolución Ciudadana, dall'altro lato è considerato un "decorreista": un politico di sinistra in termini economici, ma conservatore in quanto a valori. Conciliatore e moderato, è stato vicepresidente dal 2007 al 2013, candidato al Nobel per la Pace nel 2012, dal 2014 è stato inviato speciale del segretario generale dell'ONU rispetto a disabilità e accessibilità (carica a cui ha rinunciato in favore della candidatura presidenziale).
La vittoria ha quindi ridato respiro al progressismo continentale, in un momento particolarmente difficile soprattutto per il Venezuela, attaccato dall'opposizione interna e dall'ingerenza esterna degli Stati Uniti. Il correismo in quest'occasione ha dimostrato di voler agire un'inversione di tendenza e di voler dare una suggestione importante: in un momento storico di difficoltà per il progressismo, dove da Maduro a Morales ad Ortega si cerca in tutti i modi di far coincidere il "potere della rivoluzione" con quello personale di caudillos illuminati, la via ecuadoriana ha dimostrato che il ricambio (col passaggio di testimone da Correa a Moreno) e quindi la costruzione di un futuro che vada al di là delle singole personalità, è possibile. Starà a Lenin Moreno portare avanti la via progressista senza tradire la fiducia accordatagli dagli ecuadoriani.
Ora Lenin dovrà affrontare una serie di problemi lasciatagli in eredità da Correa: in primis il forte indebitamento del Paese dovuto alla caduta del prezzo del petrolio, ma anche la crescente disoccupazione e il sempre più basso potere d'acquisto dei consumatori. In campagna elettorale il nuovo presidente ha promesso di mantenere e ampliare i programmi sociali per le classi più popolari (la base dei suoi elettori) e di ridurre le tasse per far recuperare potere d'acquisto agli ecuadoriani e aveva annunciato la sua battaglia alla corruzione, anche all'interno del governo.
La speranza è che, un giorno o l'altro, questa "rivoluzione culturale" abbia il coraggio di affrancarsi dall'assistenzialismo con cui in questi anni ha gestito le misure in favore degli strati più deboli della popolazione e che sia capace invece di affrontare veramente il nodo della questione capitalismo/anticapitalismo: la disuguaglianza economica.
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