La resistenza delle comunità di Las Naves all'Ecuador minerario di Noboa


Un presidio permanente che resiste da oltre un mese a un progetto estrattivista bloccando le vie d’accesso a mezzi e uomini dell’impresa mineraria, un’invasione di oltre cinquecento agenti in tenuta antisommossa mandati dal Governo Noboa e dall’impresa mineraria Curimining, tre giorni di brutale repressione contro le famiglie in resistenza che ha provocato una decina di feriti, tra cui un minorenne colpito alla testa dai proiettili sparati dai poliziotti. È il bilancio, ancora provvisorio, dell’ennesima lotta popolare contro l’imposizione di un progetto minerario sulla comunità contadina di La Unión, cantone di Las Naves, provincia di Bolívar, dove il governo di Noboa è intenzionato a far partire a tutti i costi il progetto estrattivista Curipamba - El Domo.

La storia del progetto minerario Curipamba - El Domo è simile a tante altre in cui lo Stato ecuadoriano si presta a difendere gli interessi privati delle imprese minerarie imponendo con la forza alle comunità progetti dannosi per la salute e per l’ambiente. La miniera in questione, in cui si prevede di estrarre rame, oro, zinco e argento, incide direttamente sulla qualità della vita di oltre otto mila persone e sul loro territorio: sono infatti oltre 30 mila gli ettari che sono danneggiati dall’attività mineraria nei cantoni di Las Naves, Echandía e Ventanas. In grave pericolo, come denunciano i residenti, sono soprattutto corsi d’acqua, in particolare i fiumi Naves Chico, Naves Medio, Naves Grande, Oncebi, Runayacu e Selva Alegre, tutti affluenti del fiume Guayas. I corsi d’acqua sono una risorsa fondamentale per queste popolazioni la cui principale attività lavorativa e di alimentazione è legata all’agricoltura e alla pesca.

Non ci sono solo ragioni ambientali e di salute ad aver scatenato la resistenza, ma anche ragioni legali: nel 2023 lo Stato ha realizzato una “consulta ambientale” per avanzare nella fase di sfruttamento. Questo presunto processo di consultazione popolare tuttavia è avvenuto con centinaia di militari e poliziotti a presidiare la “libera partecipazione” ed è stato esclusivo, manipolato e basato sul decreto 754, che è stato dichiarato incostituzionale. Inoltre, hanno partecipato solo circa 150 persone nella stragrande maggioranza lavoratori della stessa azienda e i loro familiari, mentre più di 7.000 abitanti sono stati volutamente ignorati per orientare i risultati a favore dell’impresa canadese.

Inoltre, l’opposizione al progetto e alla consultazione ambientale ha causato anche la criminalizzazione agli abitanti che difendono la propria terra e acqua: «Per mettere a tacere la nostra voce - ha denunciato in un comunicato il Frente en Defensa del Agua, la Vida y la Naturaleza de Las Naves - Curimining ha fatto processare circa 30 contadine e contadini e 9 di questi fratelli sono già stati condannati al carcere, senza che abbiano commesso alcun reato».

La sinergia tra Stato e imprese private, in particolare quelle del settore minerario, non è recente ed è una delle motivazioni che ha spaccato il Paese tra correismo e anticorreismo. Senza ritornare troppo indietro nel tempo, con i governi di Lenín Moreno e Guillermo la collaborazione tra pubblico e privato ha avuto una spinta ulteriore prima con la nomina di due dirigenti di Nobis in Adventus Mining e successivamente con la nomina un altro dirigente nel governo di Guillermo Lasso.

La fermezza con cui il Governo di Noboa sta sostenendo l’ampliamento della frontiera mineraria nel Paese non è dovuta solo a una precisa scelta ideologica a favore del modello estrattivista, ma è determinata anche da interessi personali. Infatti, il progetto minerario Curipamba - El Domo è uno dei 12 progetti minerari situati in cinque differenti province che fanno capo alla società canadese Adventus Mining Corporation, di cui Curimining S. A. è una filiale, vincolata al Grupo Nobis, societa ecuadoriana presieduta da Isabel Noboa Pontón, zia del presidente, che fino al 2023 deteneva il 10% delle azioni di Adventus, secondo quanto riporta il portale di notizie ambientali Mongabay.

Questo scenario ha portato alle recenti proteste nel cantone. Il 20 maggio la popolazione del villaggio di La Unión, ha deciso di bloccare la strada con la motivazione che il continuo passaggio dei mezzi pesanti dell’impresa mineraria contamina il villaggio e impedisce di circolare tranquillamente alla comunità. Un mese dopo, il 20 giugno, una grande mobilitazione popolare che ha riunito gli abitanti di tutto il cantone di Las Naves ha ribadito le ragioni della protesta e invocato l’espulsione dell’impresa mineraria dal loro territorio. Nell’assemblea successiva alla manifestazione, infatti, la popolazione ha deliberato un ultimatum alla Curimining per lasciare la regione: «Come abitanti e guardiani del cantone di Las Naves, i suoi abitanti, in un'assemblea popolare di ieri, 20 giugno 2025, abbiamo deciso collettivamente che entro 15 giorni la società mineraria Curimining deve fermare le sue attività, smantellare le sue strutture e riportare i suoi macchinari in Canada. Non vogliamo la sua presenza nemmeno un altro minuto».

La risposta repressiva dello Stato non si è fatta attendere: nel giro di pochi giorni, il cantone di Las Naves è stato militarizzato con l’arrivo di oltre 500 poliziotti in tenuta antisommossa. Per tre giorni le forze armate hanno aggredito la popolazione con l’obiettivo di sgomberare il presidio permanente che blocca la carretera e permettere quindi il passaggio dei mezzi dell’impresa. La repressione è stata brutale e molto violenta: di fronte a famiglie contadine, a donne, ad anziani, a minorenni, la polizia non ha avuto scrupoli ad utilizzare tutti gli strumenti repressivi di cui dispone: bombe stordenti, pallottole di gomma e gas lacrimogeni hanno causato una decina di feriti, tra cui alcune donne e un minorenne che è dovuto ricorrere alle cure ospedaliere a causa del proiettile di gomma che lo ha colpito alla testa.

La violenta repressione contro la popolazione indifesa ha suscitato indignazione e solidarietà nella società ecuadoriana: «Denunciamo all'Ecuador e al mondo - scrive in un comunicato il Frente Nacional Antiminero - che le azioni di investimento della famiglia Noboa in questo progetto minerario, hanno influenzato direttamente le forze repressive per agire come la sicurezza privata di questa società mineraria imperialista, lanciando gas e violentando le comunità naveñas. Riteniamo responsabile il governo di Noboa per questa azione violenta che mette a rischio l'integrità e la vita delle famiglie, in particolare di coloro che sono stati feriti».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche la Conaie: «La repressione cerca di rendere possibile un progetto che non ha previa consultazione o consenso della comunità, e che minaccia la vita di oltre 8.000 persone, mettendo a rischio fonti d'acqua, colture, abitazioni e attività come l'agricoltura, l'allevamento familiare e il turismo ecologico […]. Riteniamo responsabili diretti il presidente Daniel Noboa e i comandanti di polizia di questa repressione sistematica, e chiediamo l'immediato ritiro delle forze repressive da Las Naves, il rispetto dei diritti collettivi e della protesta legittima, la garanzia della vita e dell'integrità delle comunità in resistenza».
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