Il sistema educativo nella resistenza zapatista, la recensione del libro di Lorenzo Faccini


La recente “gira por la vida”, con cui i ribelli zapatisti hanno attraversato sogni ed oceani, ha riportato all’attenzione pubblica l’esperienza politica e rivoluzionaria dell’Esercito Zapatista di Rivoluzione Nazionale. Tuttavia, il “ritorno” sulla scena politica è una sorpresa solo per chi in questi ventotto anni di cammino di lotta ne ha perso le tracce, forse considerandoli sconfitti, o non più di moda, o conservatori o in un tunnel senza uscita.

“Il sistema educativo nella resistenza zapatista. Storia, memoria, identità” di Lorenzo Faccini, storico e attivista dell’associazione Ya Basta! Êdî Bese! confuta la tesi della “rinascita zapatista” con lo sguardo dello studioso e dell’attivista e racconta invece gli indubbi risultati ottenuti in questi ultimi anni di silenzio - e silenziamento - dalla più atipica delle rivoluzioni contemporanee capace, senza prendere il potere, di riappropriarsi del proprio destino.

Percorrendo a ritroso la storia delle popolazioni originarie del Chiapas, inserite nel contesto prima della colonizzazione europea, poi della dominazione della borghesia meticcia e infine nell’attuale “guerra di logoramento” che col governo di López Obrador è ripresa in modo preoccupante, l’autore pone al centro del suo lavoro l’importanza del sistema educativo costruito in questi 28 anni di resistenza e autonomia, come veicolo imprescindibile per “formare” generazioni consapevoli ma anche per “proteggere” le tradizioni comunitarie, vale a dire l’essenza, e l’esistenza, stessa delle popolazioni originarie dalla conquista capitalista.

Con un profondo lavoro di studio ma anche di attività sul campo, Lorenzo ci mostra chiaramente come, in quell’angolo dimenticato della Selva Lacandona, la costruzione di un nuovo mondo non è passata dalla conquista del potere e dall’imposizione di regole ritenute giuste da qualche illuminato rivoluzionario, ma sta nel continuo camminare domandando collettivo, nella pratica della lotta quotidiana, nell’organizzazione e soprattutto nell’educazione collettiva e per la collettività. Risulta quindi evidente che, sebbene silenziata e denigrata, l’esperienza rivoluzionaria zapatista non solo non ha fallito o si è indebolita, ma ha saputo trarre forza rigeneratrice dalla conquista dei seppur limitati mezzi di produzione, sanitari, di giustizia e soprattutto di educazione. In una parola dalla conquista dell’autonomia.

Addentrandoci nel libro e nella storia zapatista, ripercorriamo anche le varie fasi della lotta, dall’insurrezione armata, quello che è chiamato levantamiento, fino alla decisione di deporre le armi e di costruire da soli le condizioni per il miglioramento della vita nelle comunità. Un passaggio importante avviene nel 2003 quando nascono i “Caracoles” (suddivisioni amministrative paragonabili alle regioni) e l’amministrazione delle comunità passa sotto la sfera civile e non più militare. Questo passaggio fondamentale permette all’organizzazione di costruire in modo assai più efficace la vita comunitaria, compresi i vari aspetti dell’autonomia sopra elencati, riguardanti l’economia, la salute la giustizia e l’educazione.

Grazie a questo passaggio fondamentale, l’educazione scolastica diventa elemento centrale della rivoluzione zapatista. Scrive infatti l’autore che «l’educazione è una delle istanze principali dell’autonomia poiché offre la formazione necessaria per resistere a tutta la comunità». La formazione dei bambini e dei giovani, pensata al servizio di tutta la comunità, quindi «mira alla costruzione di una mentalità incentrata sull’interesse comune, le pratiche collettive e il radicamento nel territorio». Un esempio della crescita collettiva è data dal fatto che all’inizio del percorso sull’educazione, fu importante l’apporto dato dalla solidarietà internazionale che ha portato numerosi attivisti da tutto il mondo a diventare maestri nelle comunità, mentre oggi sono gli stessi membri zapatisti delle comunità a svolgere sia il ruolo di promotores de educación sia quello di formatori dei futuri promotores.

Cosa sarebbe la rivoluzione zapatista senza il suo sistema educativo non lo sapremo mai. Sappiamo però, grazie anche a questo bel libro di Lorenzo, cosa è diventata grazie all’ “investimento” lungimirante fatto dai ribelli nel loro cammino di resistenza. È innanzitutto una resistenza viva, che non risente del peso degli anni di lotta tanto meno del peso degli anni dei suoi leader più carismatici, perché dietro di essi già scalpitano nuovi protagonismi. È una rivoluzione che non ha timore del futuro, che non vive l’ansia della conquista del potere perché sa che il “sol dell’avvenire” è nella propria capacità di formare i propri figli nella resistenza e ribellione. È, infine, una rivoluzione che continua ad essere punto di riferimento per chiunque abbia nella testa e nel cuore un mondo migliore.

Ed è proprio grazie a questo cammino di ribellione, resistenza e autonomia che, attenzione pubblica o meno, gli zapatisti ci saranno ancora a lungo.

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Tratto da Global Project


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