Il lato oscuro del progressismo boliviano

Intervista con Ruth Alipaz Cuqui, Rubén Darío Arias e il portavoce Alex Villca Limaco, attivisti della Contiocap.

I progetti estrattivisti del nuovo governo di Arce calpestano la Pachamama e i diritti delle popolazioni indigene: con le buone o con la violenza. La Contiocap denuncia l’aggressione estrattivista ai territori indigeni e le intimidazioni contro i suoi attivisti da parte del governo. Intervista di Globalproject a Ruth Alipaz Cuqui, Rubén Darío Arias e al portavoce Alex Villca Limaco.

Il ritorno al potere del MAS dopo un anno di governo transitorio è stato celebrato come il ritorno della democrazia, del rispetto dei diritti umani e della salvaguardia della Pachamama. La vittoria del binomio Arce-Choquehuanca ha infatti scongiurato la permanenza al governo delle destre filo gringos con il corollario di razzismo e neoliberismo sfrenato che ha contraddistinto il periodo in cui hanno guidato il Paese dopo gli eventi dell’ottobre 2019, con il supposto golpe che ha costretto alla fuga Evo Morales e fatto entrare a Palacio Quemado Jeanine Añez.

Eppure, nonostante questa immagine pulita propagandata dal governo, comincia a venire alla luce la vera natura del MAS che promuove le politiche estrattiviste e il razzismo istituzionale utilizzando una narrazione “indigenista” ma nella realtà, attaccando quotidianamente proprio quelle comunità indigene che dicono di difendere e i loro territori.

Recentemente infatti, il nuovo governo presieduto da Arce, ha compiuto una serie di attacchi ai territori indigeni e in particolare alle Aree Protette del Paese con la deposizione dei direttori e la nomina di sostituti affiliati al nuovo governo, il tutto senza avere i requisiti legali stabiliti dal regolamento delle stesse aree protette. La denuncia viene dalla Contiocap, la Coordinadora Nacional de Defensa de los Territorios Indígenas Originarios Campesinos y Áreas Protegidas de Bolivia, che assicura che questo è solo il primo passo verso l’eliminazione dello status “Aree Protette” per favorire il settore agroindustriale ed estrattivo. Per fare luce sull’attuale situazione, di seguito l’intervista per Globalproject con Ruth Alipaz Cuqui, Rubén Darío Arias e il portavoce Alex Villca Limaco, attivisti della Contiocap.

Cosa è e come nasce la Contiocap?

Alex Villca Limaco: «La Contiocap è l’unica organizzazione indigena che sta denunciando le molteplici violazioni dei nostri diritti fondamentali e di quelli della natura. Purtroppo non ci sono altre organizzazioni che rappresentino gli indigeni in Bolivia. A livello comunitarioo a livello regionale ci sono sempre state le organizzazioni di difesa del territorio che si sono opposte a progetti estrattivisti come il caso del TIPNIS, della centrale idroelettrica di Chepete Bala, il caso di Tariquia, dell’altra centrale Rositas o ancora il caso delle comunità nella Chiquitania con epicentro nel Roboré; ma, soprattutto a partire dalla brutale repressione del TIPNIS nel 2011, queste resistenze sono state silenziate, oscurate, con il risultato che il governo di Evo Morales ha potuto portare a termine una serie di violazioni. Per questo nel 2018 abbiamo fondato la Contiocap, per difenderci tutti insieme e denunciare questi abusi e la falsa propaganda internazionale del governo di Evo Morales, secondo cui a livello nazionale avrebbe portato a termine azioni in difesa della natura e dei popoli indigeni. Un’immagine questa che già dalla lotta del TIPNIS aveva cominciato a deteriorarsi facendo intravedere come il governo di Evo Morales in realtà fosse al servizio delle multinazionali e del modello economico capitalista che fonda le sue radici nell’estrattivismo selvaggio».

Ruth Alipaz Cuqui: «Io sono un’indigena Uchupiamona dell’Amazzonia boliviana nel nord de La Paz. Rappresento Mancomunidad de Comunidades Indígenas de los ríos Beni, Tuichi y Quiquibey l’organizzazione che dal 2016 lotta contro la costruzione della centrale idroelettrica di Chepete Bala che, se conclusa inonderebbe una superficie grande sette volte la città di La Paz determinando la perdita di sei territori indigeni. La nostra organizzazione di base, e come la nostra molte altre, è stata divisa, cooptata, distrutta e svenduta dal governo del MAS; così nel dicembre 2018 fu convocato un incontro dalla resistenza di Tariquia e in quell’occasione abbiamo fondato la Contiocap come piattaforma autonoma e indipendente che unisce le resistenze dei vari territori. All’inizio ne facevano parte dodici realtà di resistenza ed ora, dopo il nostro secondo congresso del dicembre 2019 siamo arrivati a trentasei. La Contiocap si è convertita nello strumento attraverso il quale le popolazioni indigene hanno la possibilità di far sentire la propria voce. Governo e media hanno sempre cercato di fomentare l’antagonismo tra le popolazioni indigene, ma dentro alla Contiocap sono rappresentate tutte e quattro le macroregioni, Altopiano, Chaco, Valles e Amazzonia».

Rubén Darío Arias: «Ruth ha evidenziato la pluralità di esperienze e lotte che sono convogliate dentro alla Contiocap. Lei sta all’estremo nord del paese noi all’estremo sudest. Io sono membro del comitato di gestione dell’Area Protetta di Tucavaca e presidente del Comité Cívico de Roboré, un’istituzione nominata dal popolo che difende tanto gli interessi patrimoniali quanto quelli territoriali del municipio. Dal 2000 difendiamo il nostro territorio dalla pirateria di legname, dai progetti minerari, dalla spartizione delle terre e nell’ultimo periodo dagli incendi forestali. Inoltre, altro aspetto da non sottovalutare riguarda il fascino del nostro territorio con i suoi paesaggi meravigliosi che determina un grande problema con il turismo di massa che non riusciamo a controllare. Sono tanti i problemi che abbiamo affrontato ma grazie alla Contiocap abbiamo imparato una cosa: ogni Presidente che viene eletto è solo un impiegato in più al servizio delle grandi multinazionali come ha ampiamente dimostrato il governo del MAS».

Sembra di capire che il rapporto con il governo del MAS sia estremamente conflittuale, nonostante la propaganda indigenista e “pachamamista”.

Ruth Alipaz Cuqui: «Questo modello estrattivista, con i progetti minerari, le esplorazioni di idrocarburi, la costruzione di infrastrutture come le strade, hanno come unica finalità la colonizzazione dei nostri territori, come è stato il caso del TIPNIS. Per esempio, il governo di Evo Morales ha fatto una legge secondo cui un’impresa può associarsi con qualsiasi membro della comunità e presentare il progetto di sfruttamento, ad esempio una miniera, come progetto della comunità stessa. Queste attività stanno distruggendo il secondo lago più grande della Bolivia, il lago Poopó, dove una comunità in via di estinzione è stata sgomberata o come nel Chaco dove l’esplorazione di idrocarburi ha lasciato completamente senza acqua le comunità Guaraní. L’estrattivismo promosso dal MAS ci sta spoliando degli elementi fondamentali per resistere o continuare ad esistere nei nostri territori.

Nel 2018 siamo anche stati alle Nazioni Unite a New York denunciando la costruzione della diga di Chepete Bala ottenendo di dare visibilità a questa resistenza sul piano nazionale e internazionale. Sembrerò poco modesta ma noi popoli indigeni siamo gli unici che hanno contenuto l’avanzamento dell’estrattivismo con la resistenza nei territori. Abbiamo resistito anche durante il “fraude” e nei successivi ventun giorni di mobilitazione del popolo boliviano che oggi vogliono far passare come “golpe”. La presa del potere dell’arrivista Añez è stato un altro passaggio nefasto che tra l’altro ha permesso il ritorno del MAS. C’è una connivenza tra le varie forze politiche per spartirsi il potere e spogliare la popolazione di questo potere».

Rubén Darío Arias: «Questo governo ci sorprende ogni giorno: leggevo recentemente che il viceministro dell’Educazione in un incontro coi suoi sostenitori a Puerto Quijarro ha chiesto i nomi di tutti i funzionari pubblici che non stanno facendo la campagna elettorale per il MAS. Ad ogni modo, come diceva Ruth, stiamo crescendo e cercando alleanze con organizzazioni, istituzioni, singoli cittadini che possano aiutarci a far conoscere al mondo ciò che stiamo vivendo noi boliviani. Perché se c’è qualcosa che ci ha insegnato Evo Morales è che se vogliamo ottenere qualcosa dobbiamo farlo attraverso la pressione. Ci tengo a sottolineare che il nostro criterio irrinunciabile è che nelle nostre azioni, attività, pronunciamenti non entrino i partiti».

Alex Villca Limaco: «Il MAS ha costruito molto bene la sua immagine di difensore della Madre Terra e degli indigeni attraverso azioni di marketing politico. Da parte nostra, abbiamo partecipato anche a eventi internazionali per confutare questa immagine falsa del governo di Evo Morales: Ruth è stata a New York facendo arrabbiare enormemente quegli indigeni che sono suoi difensori; siamo stati anche a Ginevra dove abbiamo presentato un report di ciò che stava accadendo in Bolivia. Ma per il momento non è servito a molto, dal momento che numerosi governi e organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, hanno creduto alla narrazione secondo cui il governo di Evo Morales può essere il modello da seguire a livello globale. Ma è un miraggio, non succede niente di quello che raccontano. È vero il contrario, i popoli indigeni sono sempre più marginalizzati, esclusi, minacciati, nella realtà subiamo la spoliazione dei nostri territori che sono poi concessi alle imprese multinazionali.

La propaganda secondo la quale il governo di Evo Morales avrebbe recuperato le risorse naturali a beneficio del popolo boliviano è una menzogna totale, in realtà ciò che sta succedendo è che le sta vendendo agli interessi delle multinazionali: in passato la maggioranza delle imprese era statunitense, ora invece la presenza maggiore è cinese. Si è molto criticato l’Impero ma dall’altro lato sono molto più permissivi con le compagnie cinesi che ugualmente si stanno impadronendo dei nostri territori, delle aree protette e delle nostre risorse naturali. E non ci sono solo cinesi, ci sono anche imprese russe o tedesche come quella che vuole sfruttare il litio del Salar de Uyuni; nell’Amazzonia ci sono imprese colombiane, peruviane, cilene, tra le altre, che stanno penetrando nei territori ma loro sono molto abili nel far credere di promuovere una gestione efficiente, di produrre inclusione, sradicare la povertà, l’analfabetismo e che i popoli indigeni abbiano potere decisionale, anche se tutto questo nella realtà non succede.

In questa situazione la nostra grande sfida è riuscire a dare visibilità al lavoro sporco fatto dal MAS in questi ultimi quattordici anni dal governo di Evo Morales e proseguito durante il governo transitorio, durante il quale non ci sono stati cambiamenti in questa forma di fare governo e politica. Oggi, con il ritorno al potere del MAS con Arce Catacora la pressione sta aumentando. Ci troviamo in una tappa molto dura di violenza e se non la fermiamo, in poco tempo i popoli indigeni potrebbero essere vittime della stessa violenza che si vive in Brasile, in Colombia, in Honduras o Perù dove vengono assassinati, desaparecidos, perseguitati dalla giustizia. Purtroppo siamo vicini a questa escalation di violenza e la riattivazione di questi grandi progetti estrattivisti, come lo sfruttamento minerario e petrolifero, le grandi infrastrutture, le centrali idroelettriche, le strade di collegamento, le dighe e non ultimo l’avanzamento dell’agroindustriale che negli ultimi due anni ci ha fatto perdere dieci milioni di ettari di bosco, ci sta portando in quella direzione. Quindi come possiamo dire che abbiamo un governo responsabile e rispettoso della natura quando questo stesso governo incombe sopra le risorse naturali?»

Rispetto alle Aree Protette, dove sono situate e perché vi opponete ai progetti estrattivisti del governo e alla nomina dei nuovi funzionari?

Alex Villca Limaco: «In Bolivia ci sono ventidue aree di protette di interesse nazionale e più di sessanta di interesse dipartimentale e municipale. Queste due categorie di aree protette arrivano a rappresentare quasi il 25% del territorio boliviano. È un territorio molto ampio al cui interno ci sono numerosi popoli indigeni: la Costituzione del 2009 ha riconosciuto trentasei lingue e di queste trentaquattro sono situate nell’Oriente boliviano, in Amazzonia. Ma queste trentaquattro lingue non sono le uniche esistenti in questo immenso territorio: i censimenti del 2001 e del 2012 parlano infatti di almeno cento pueblos non riconosciuti ufficialmente come originari di alcuna nazione indigena. Il che significa che le trentasei lingue ufficialmente riconosciute nella Costituzione del 2009 sono solo una parte. Io e Ruth per esempio veniamo dal pueblo Uchupiamona, che non è riconosciuto in queste trentasei lingue ufficiali».

Ruth Alipaz Cuqui: «Io vivo nel territorio della riserva naturale Madidi che è stata dichiarata come la riserva con più biodiversità al mondo. Anche la Tariquia ha le stesse caratteristiche o ancora Aguaragüe, sono tutte aree protette e riserve naturali di vita. Noi crediamo che se distruggono le aree protette con idrocarburi, miniere, deforestazione, OGM o con la semina intensiva di caña, distruggono la vita stessa. Questo è un principio, una concezione di vita che abbiamo, un vincolo stretto con la natura, perché noi popoli indigeni non possiamo vivere senza i nostri fiumi che oggi sono contaminati con mercurio. La distruzione delle aree protette comporta la fine dei popoli indigeni, perché questi progetti hanno come conseguenze il desplazamiento di chi vive quei territori, come accade per gli Uro in mancanza di acqua, gli abitanti diventano più poveri, sono costretti a fuggire verso le città dove si impoveriscono ancora di più perdono la propria identità e spariscono come cultura. Per questo difendiamo quella relazione intrinseca che esiste tra le aree protette e la nostra vita. Che non è solo la nostra vita ma è la vita del Paese e del mondo.

Nel 2010 il governo di Evo Morales ha creato il Tribunal Internacional de los Derechos de la Madre Tierra, una istituzione vuota il cui unico obiettivo è esportare un’immagine distorta della realtà che stiamo vivendo noi popoli indigeni. Siamo stanchi di tutta questa ipocrisia e falsità, siamo stanchi dei rapporti clientelari subiti dai popoli indigeni, come succede con le Bartolina Sisa o la CSTUCB che per il governo sono gli unici che rappresentano gli indigeni del paese. Evo Morales ha creato questo sistema clientelare della terra, delle aree protette, dei territori indigeni. Ricordo che i suoi più grandi alleati sono stati gli imprenditori agroindustriali di Santa Cruz. La nostra posizione invece è quella che se perdiamo la battaglia contro l’estrattivismo, perdiamo noi stessi. Questa non è una questione solo indigena, riguarda il paese e tutte le persone che hanno una coscienza nel mondo che vogliono denunciare le falsità raccontate da Evo Morales che continua a comportarsi come fosse il grande imperatore nonostante non sia più il presidente tanto che il presidente Arce Catacora è diventato un semplice prestanome, non ha cambiato il suo ruolo di ministro dell’economia mentre Evo continua a dettare le politiche. In tutto questo l’opposizione è incapace di affrontare questo apparato politico e anzi dopo la vittoria alle elezioni molti parlamentari che erano all’opposizione sono passati dalla parte del MAS, che ha una capacità di entrare nelle organizzazioni e di cooptare a tutti i livelli, dalla giustizia alla corte elettorale, tutti gli organi sono completamente cooptati. Come diceva Ruben ora stanno addirittura controllando quali funzionari pubblici stanno facendo campagna per le elezioni amministrative.

E ora questo, smantellare lo status di “aree protette” come diceva Ruben è il colpo finale che sta dando il governo del MAS verso queste. Nei quattordici anni di governo hanno messo in pratica numerose azioni per colpire le aree protette, snellendo le norme per permettere alle imprese petrolifere e minerarie di entrare nei territori indigeni e nelle aree protette, annullando le norme relative alla consultazione popolare o allo studio di impatto ambientale. Il loro obiettivo è far sparire le aree protette per questo hanno tolto i funzionari eletti e messo gente del loro partito, il prossimo passo sarà quello di togliere la categoria di “area protetta” per poter suddividere la terra e consegnarla ai loro amici mentre il governo accusa noi di essere dei guardia boschi dei gringos, dei bianchi. Questo è ciò che posso dirti rispetto al pericolo che stanno vivendo le aree protette e al grado di rischio a cui sono sottoposti i popoli indigeni perché le aree protette non proteggono solo alberi e vegetazione, proteggono anche saperi ancestrali, culture, conoscenze».

Oltre alle critiche, Alex ha ricevuto minacce per denunciare questa situazione. È la prima volta che subite questa forma di pressione e di violenza?

Ruth Alipaz Cuqui: «Questa è una pratica comune del governo di Evo Morales. Anche io ho ricevuto minacce e sono stata perseguita quando sono stata alle Nazioni Unite. Il governo utilizza le istituzioni pubbliche come operatrici di pressione, persecuzione, intimidazione, silenziamento. La sua rete è distribuita in tutto l’apparato statale. Abbiamo denunciato le minacce subite da Alex perché se lasciamo che queste diventino una pratica normale mettiamo in pericolo la vita dei difensori dell’ambiente. Vogliono disciplinarci, insegnarci che chi si mette contro il governo rischia la propria vita. Qui in Bolivia non ci sono ancora state vittime per essersi opposti al governo, ma sono utilizzati metodi simili, come le pressioni e le minacce. E in questo il vice presidente David Choquehuanca è solo un soprammobile, messo lì a fare discorsi mentre dietro tutto l’apparato politico è violento e sta utilizzando tutti i meccanismi per silenziare le resistenze all’estrattivismo, e le denunce contro le violazioni dei diritti umani e dei diritti indigeni. Se minacciano Alex che è il nostro portavoce e noi restiamo in silenzio, poi possono farlo con tutti. È una minaccia simbolica e simbolica è stata la nostra risposta».

Successivamente alla chiusura di questa intervista, sono giunte notizie di un nuovo attacco del MAS e di Evo Morales al TIPNIS: in un incontro a sostegno della candidatura di Alex Ferrier a Governatore del Beni, l’ex presidente ha dichiarato che il MAS è pronto a riprendere la costruzione della strada all’interno del TIPNIS qualora dovessero vincere le elezioni amministrative. Pronta la risposta della Contiocap che in un comunicato ha denunciato come «la strada per il TIPNIS non una strada di integrazione, è un piano di etnocidio ed ecocidio, per essere un piano di colonizzazione totale del TIPNIS». Dello stesso avviso il ricercatore del CEDIB (Centro de Documentación e Investigación Bolivia) Pablo Villegas secondo cui «non è una strada, sono sistemi di trasporto, strade e vie secondarie, si tratta della colonizzazione del TIPNIS, che è molto più grave».

Le elezioni dell’ottobre scorso, invece di mettere fine a un periodo di incertezze e soprattutto alle politiche estrattiviste e al razzismo che continua a produrre abusi hanno invece rimesso in discussione il processo di “cambiamento” avviato dal MAS aprendo squarci inquietanti sul lato oscuro del progressismo boliviano.


Tratto da Global Project

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