State lì, col paraocchi a guardare i nostri volti colmi di rabbia degna senza volerne capire il motivo. State lì a parlare, come al solito, di violenza usandola come scusa per il vostro immobilismo. O servilismo. E neanche vi siete accorti che quel corteo è partito insieme ed è arrivato insieme a Porta Pia. Unito, come lo è ora.
"I conflitti sociali reali fanno male o non sono".
Come è possibile pensare di svoltare senza agire il cambiamento? Come è possibile pensare di liberarsi dalle catene senza usare la forza? Che poi, violenza è quello che subiamo ogni giorno.
Non è forse violenza una troika che impone austerità e sacrifici ai cittadini per salvare le banche? Non è forse violenza quando gli sfratti riducono le famiglie in strada e senza speranza? Non è forse violenza rendere schiavi i lavoratori con il ricatto dei contratti flessibili? Non è forse violenza quando si tagliano le spese sociali ma si comprano cacciabombardieri? Non è forse violenza quando si impongono grandi opere (o grandi navi) devastanti a comunità che le rifiutano? Non è forse violenza quando lo stato ti bastona coi suoi scagnozzi perché chiedi più giustizia ed equità? Non è forse violenza quando ti negano diritti e ti tolgono sogni e speranze?
Se vogliamo parlare di violenza, dobbiamo prima parlare di questo. Delle violenze che quotidianamente subiamo, dei diritti che ci vengono tolti e negati. Dei sogni che ci vengono proibiti. E allora, i corpi che si oppongono senza paura, avranno un'altra luce.
Questa è la violenza che genera violenza. E possiamo subirne gli effetti o ribellarci. Perché da che mondo è mondo i cambiamenti veri, radicali, non si ottengono né con i voti né con i fiorellini nei cannoni.
Tags:
Attualità