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Le elezioni presidenziali che si sono svolte domenica 9 febbraio hanno emesso il loro verdetto: sarà ballottaggio tra l’attuale Presidente, il ricco possidente Daniel Noboa e la sfidante Luisa Gonzalez, rappresentante della corrente correista del progressismo ecuadoriano. Di notevole importanza il risultato di Leonidas Iza, candidato del movimento indigeno Pachakutik che è arrivato terzo e che risulterà determinante nel ballottaggio che si terrà il 13 aprile.
L’annuncio dei risultati è avvenuto a poche ore dalla conclusione delle operazioni di voto, quando la Presidente del Consejo Nacional Electoral, Diana Atamaint, ha confermato il ballottaggio tra l’attuale Presidente Daniel Noboa e la sfidante Luisa Gonzalez, evidenziando il piccolo scarto che divide i due contendenti. Con lo spoglio ancora in corso nel momento di scrittura di questo articolo, ma già oltre al 90% di schede scrutinate e con una tendenza irreversibile, i risultati dicono che l’attuale Presidente Daniel Noboa ha preso il 44,35% delle preferenze, che corrispondono a oltre 4 milioni e duecento mila voti. Poco più di quaranta mila voti lo separano da Luisa Gonzalez, che si è fermata al 43,83% e che corrispondono a 4 milioni e 170 mila preferenze.
Come scritto in apertura, molto interessante il risultato ottenuto da Leonidas Iza, Presidente della potente organizzazione indigena della CONAIE e candidato di Pachakutik, il braccio istituzionale del movimento indigeno. Superando ogni più rosea previsione e i sondaggi che lo davano a poco meno del 2%, Iza ha superato il 5% delle preferenze: oltre 500 mila voti che risulteranno determinanti nel ballottaggio di aprile.
Al quarto posto, ma solo con il 2,7% si è classificata Andrea Gonzalez, candidata presidenziale del Partido Sociedad Patriótica fondato dall’ex Presidente Lucio Gutierrez. Nelle ultime elezioni, dopo la muerte cruzada, Gonzalez era stata designata come vicepresidente di Fernando Villavicencio, il candidato del movimento Construye (di destra) assassinato pochi giorni prima delle elezioni. Nessuno degli altri 14 candidati infine ha superato lo sbarramento dell’1%. Interessanti anche i dati relativi alla partecipazione e alle schede bianche e nulle: l’affluenza è stata del 82,3% (oltre due milioni di persone non si sono recate alle urne), mentre le schede nulle sono state il 6,77% e quelle bianche il 2,12%.
La giornata di voto si è svolta senza particolari problemi, tuttavia la campagna elettorale è stata attraversata da numerose polemiche che hanno colpito l’attuale presidente, accusato di aver usato l’apparato statale per fare campagna (secondo la Costituzione avrebbe dovuto abbandonare la carica ma l’ha fatto solo in alcune alcune circostanze facendosi sostituire di volta in volta da vicepresidenti diversi) e di aver superato abbondantemente il limite di legge di investimenti nella campagna. Secondo i dati di Ecuador Decide, Noboa avrebbe investito nella campagna elettorale oltre tre milioni di dollari (2,7 milioni solo su TikTok) mentre Luisa Gonzalez ha speso circa quattrocento mila dollari e Iza circa duecento mila. Noboa ha generato così uno scenario di totale ingiustizia nei confronti del resto dei candidati e un totale disprezzo per la democrazia. Tuttavia, a Noboa non sono bastate queste spese né l’utilizzo dell’intero apparato statale per vincere le elezioni. Non è bastata nemmeno una campagna elettorale basata ancora una volta sul problema sicurezza e sull’anticorreismo: «non importa se non farò opere, l’importante è che non ritorni il correismo» ha dichiarato in campagna elettorale.
Se Noboa ha annullato i festeggiamenti per la vittoria annunciata ma smentita dai dati usciti dai seggi, la sua rivale Luisa Gonzalez festeggia con entusiasmo non solo per aver sovvertito i sondaggi degli ultimi mesi ma anche per aver ottenuto il miglior risultato del movimento Revolución Ciudadana da quando è uscito di scena Rafael Correa nel 2017: «Grazie Ecuador - ha dichiarato Gonzalez dopo l’ufficialità dei risultati, che poi ha ricordato: «non vogliamo uno stato di guerra, vogliamo costruire la pace e questo si fa con giustizia sociale e con mano ferma». Nel suo intervento Gonzalez si è poi congratulata con Leonidas Iza per il terzo posto e ha lanciato un appello per l’unità della sinistra e la costruzione di un programma comune.
Soddisfatto del risultato ottenuto anche Leonidas Iza, l’unico candidato realmente anticapitalista di questa tornata: «abbiamo vinto, questo è un processo qualitativo. Nessuno china la testa. Voglio ringraziare i consigli di governo. È un onore aver preso la parola di quel potere collettivo. Quel 5%, quelli di noi che non vogliono l'estrazione mineraria, quelli di noi che stanno lottando. Abbiamo dovuto affrontare due macchine elettorali e uno stato candidato. Abbiamo vinto nel dibattito, abbiamo affrontato il razzismo, i libretti degli assegni, la destra razzista. Abbiamo seppellito coloro che nelle proteste volevano toglierci gli occhi. Abbiamo affrontato quella politica vecchia di 200 anni. Avremo tra 10 e 12 membri dell'assemblea». E a proposito del secondo turno, Iza ha ricordato che «la nostra decisione sarà presa collettivamente. La democrazia comunitaria avrà il suo processo. Sosterremo una proposta per il paese. Dovrete essere pazienti. Abbiamo vinto, questa vittoria appartiene al popolo».
La fotografia del voto è netta. Secondo l’economista Pablo Davalos il Paese è spaccato in una polarizzazione che ha mostrato «una destra polverizzata (PSC, Construye, CREO, ecc) e una sinistra inesistente (UP, PSE). Una polarizzazione totale tra correismo (RC) e anticorreismo (ADN), con un terzo attore (Leonidas Iza, di PK) che diventa l’ago della bilancia».
Il vincitore del ballottaggio non avrà però importanza soltanto per il Paese travolto da diversi anni da una crisi di sicurezza senza precedenti a cui l’attuale amministrazione di Noboa non ha saputo porre freno nonostante le durissime politiche securitarie, ma anche su scala regionale: un eventuale trionfo di Noboa darebbe solidità e forza all’asse reazionario dell’intero continente rappresentato dai vari Trump, Bukele, Milei, Boluarte e alle loro politiche anti diritti sociali e ambientali. Un’eventualità da temere, un’alternativa da costruire.