Non dovevano morire, ma per qualcuno erano vite non degne di essere salvate


Domenica mattina la piazza di Mestre dedicata al Partigiano Erminio Ferretto, si è riempita di rabbia e di emozione per ricordare le vittime della “strage di Cutro”, paesino della costa calabrese che pochi giorni fa ha visto morire, impotente, oltre 80 migranti affogati a pochi metri dalla spiaggia. Una strage, non una tragedia, frutto delle politiche migratorie criminali di questo governo e dei precedenti che, senza distinzione di colore - dai “rossi” ravanello, passando per i gialli, i verdi e ora i neri - hanno come priorità la cosiddetta sicurezza dei confini prima della vita delle persone. Scelte, decisioni che provocano morti, non tragedie appunto, ma stragi. Di Stato.

La giornata di solidarietà con le vittime di questo sistema barbaro e disumano che difende linee immaginarie e uccide le persone migranti è stata indetta dal nodo veneziano di Mediterranea a cui hanno aderito decine di associazioni e organizzazioni delle città di “aqua e tera”, da sempre sensibili al tema dell’accoglienza. Una partecipazione numerosa e variegata, che ha saputo mettere insieme il mondo dell’associazionismo con quello dello scoutismo e dei centri sociali. Ad aprire gli interventi un’attivista di Mediterranea che ha ricordato al governo Meloni, che ha promesso tolleranza zero contro i trafficanti, che «sono già alla sua portata, gli stringe le mani ai tavoli politici, ci fa accordi bilaterali, ma soprattutto ne finanzia mezzi e attività. Ci auguriamo – ha proseguito l’attivista - che questa piazza sia solo il punto di partenza per un lavoro collettivo, per farci anticorpi sociali, prima si salva e poi si discute».

Importanti anche le parole di Sebastiano, attivista mestrino del movimento ambientalista mondiale Friday for Future: che ha ricordato un elemento importante, vale a dire che «le lotte per la giustizia climatica devono parlare anche di giustizia sociale perché non stiamo parlando di cause e conseguenze diverse. A causa della crisi climatica sempre più aree del mondo diventeranno inospitali, inabitabili, luoghi da cui tantissime persone si dovranno spostare per sopravvivere. Le stesse persone che dicono che l’emergenza climatica è un’emergenza da affrontare sono le stesse persone che continuano a finanziare con milioni di euro Eni e l’industria del fossile che in tantissimi paesi, dalla Nigeria al Mozambico, continua a distruggere quei territori obbligando le persone che ci vivono a spostarsi e tutto questo in nome dei nostri privilegi, dei nostri benefici, del nostro stile di vita».

Colpiscono al cuore le parole colme di rabbia e di emozione di Valentina, giovane attivista del Laboratorio Climatico Pandora: «Noi sappiamo che i morti di Cutro non sono successi per caso, ma sono successi per decisioni politiche, perché qualcuno ha deciso che quelle persone non erano degne di essere salvate. Ma io mi chiedo: chi ha il coraggio di prendere una decisione come questa? È mancata la volontà politica e noi crediamo che non sia una cosa isolata, anche nella nostra città ogni giorno vengono attuate discriminazioni, ogni giorno invece di salvare le persone, si abbandonano. E questo perché anche la nostra amministrazione non si prende cura di persone che, anche se non hanno documenti, hanno diritto di essere salvate. Siamo schifate – ha continuato sempre più arrabbiata Valentina - dalle parole di Meloni e Piantedosi che dicono che queste persone non avrebbero dovuto partire. Ma vorrei veder loro se non partirebbero da situazioni di vita insostenibili portate avanti dagli stessi governi che ora gli dicono che devono stare a casa loro. Ma chi siamo noi per dire che delle persone possono morire?».

Tra i tanti interventi anche quello di Vittoria, attivista del Centro Sociale Rivolta di Marghera, che ha ricordato l’ipocrisia del governo dietro a questa strage: «cosa serviva andare a fare un Consiglio dei Ministri lì se non vai lì a salvare vite umane? I tassisti del mare meritano tutta la nostra stima perché chi salva vite umane è sempre, sempre dalla parte giusta. Rimandiamo al mittente questa guerra, combattiamola, basta morti nel Mediterraneo, basta accordi, basta centri di detenzione ed espulsione. Rimandiamo al mittente questa guerra ai migranti, all’umanità».

Non dovevano morire, e invece sono morti, uccisi. E proprio mentre la piazza si svuotava un’altra imbarcazione di fortuna è affondata in quella tomba dei diritti umani che è diventato il mar Mediterraneo e altre 30 persone hanno perso la vita. Chi non si oppone a questa orribile narrazione che criminalizza e disumanizza vite umane e rende preziose linee immaginarie è complice di questa carneficina, di queste continue stragi, di questa guerra. Perché prima si deve salvare poi si discute. Punto.
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