È stato l’esercito, ma chissà se pagherà


A otto anni dalla sparizione forzata dei 43 ragazzi normalisti, il “caso Ayotzinapa” continua ad essere di stringente attualità e ad essere simbolo della violenza strutturale che attanaglia il paese ormai da oltre quindici anni.

Ayotzinapa infatti continua a parlare al mondo non solo del dramma della sparizione forzata dei 43 studenti y miles más, ma anche di come le forze armate aumentino giorno dopo giorno il proprio potere in un contesto  di impunità pressoché assoluta. 

Il governo di López Obrador ha fatto innegabili passi avanti verso la verità e la giustizia. Ha buttato nel basurero della storia la verdad histórica con la quale il precedente governo ha cercato di occultare la verità: i report della CoVAJ hanno dimostrato ciò che già le contro inchieste del GIEI avevano denunciato, il ruolo attivo dei militari nella sparizione forzata degli studenti. Ha stretto le maglie della giustizia sui principali responsabili della stessa, arrestando l’ex procuratore generale Murillo Karam e chiedendo l’estradizione di Tomas Zeron de Lucio, il super poliziotto anch’egli responsabile della verdad histórica e da tempo rifugiato in Israele, oltre ad arrestare alcuni membri di esercito e polizia federale. Ma, quello che il governo di Lopez Obrador finora non ha potuto, o voluto, fare è mettere le forze militari di fronte alle loro responsabilità della violenza strutturale che colpisce l’intero Messico dall’inizio della “guerra al narco”. 

Nei giorni scorsi gli studenti della normal e i genitori hanno organizzato una serie di iniziative e proteste per l’ottavo anniversario della sparizione forzata dei 43 ragazzi: davanti alla sede della Fiscalía General de la Republica, davanti all’ambasciata israeliana e soprattutto davanti al campo militar numero 1 per denunciare il ruolo centrale dell’esercito nel crimine. Tre luoghi simbolo. La Fiscalía perché si nega a dare spiegazione sul ritardo degli arresti dei militari coinvolti e ai presidi di protesta dei genitori risponde chiudendo le porte e militarizzando i propri uffici.

L’ambasciata israeliana perché in Israele si è rifugiato uno dei principali responsabili materiali ed intellettuali della sparizione forzata dei ragazzi e della verdad histórica: Tomas Zeron de Lucio. Lo Stato israeliano non concedendo l’estradizione si mette ancora una volta dalla parte del carnefice, di chi commette violenze e resta impunito per i suoi crimini.

Il campo militar numero 1 perché i militari non solo sono coloro che hanno eseguito il crimine, ma anche per il loro sempre più importante ruolo all’interno dello Stato. E forse questo è proprio il punto fondamentale per cui parlare di Ayotzinapa continua ad essere attuale: nonostante le promesse elettorali, López Obrador non solo non è ancora riuscito a contenere la violenza verso los de abajo (il suo mandato rischia di diventare il più violento della storia), ma non è riuscito nemmeno a contenere il ruolo sempre più importante dei militari nelle strutture di potere. 

Le iniziative si sono concluse il 26, giorno dell’ottavo anniversario, con una grande manifestazione nella capitale Città del Messico, con arrivo nello Zócalo. Durante il comizio finale i genitori hanno  contestato il tentativo del governo di dare per concluse le indagini e di non voler indagare l’esercito: «Dicono che non c'è alcun segno di vita, ma noi diciamo che non c'è alcun accenno di morte perché non ci è stata data la prova», ha urlato al microfono Blanca Nava, mamma di uno dei 43 studenti.

Per l’accademico Oswaldo Zavala Oswaldo Zavala la questione securitaria va ben oltre “guerra al narco”: «al di là della "guerra narco", l'agenda della sicurezza si estende verso la politica anti-immigrazione, l'espropriazione territoriale per l'estrazione di risorse naturali, il paramilitarismo in più regioni e, naturalmente, la concessione straordinaria alle Forze Armate di progetti infrastrutturali (dal nuovo aeroporto di Città del Messico al Tren Maya), programmi di assistenza sociale e persino la distribuzione del vaccino COVID-19».

Inoltre, proprio recentemente, il governo ha disposto il passaggio della Guardia Nacional sotto il potere della SEDENA (Secretaría de la Defensa Nacional), dei militari appunto, a cui è delegato il monopolio della sicurezza pubblica. Un giro di vite verso un’ulteriore militarizzazione dei territori che nemmeno PRI e PAN erano riusciti a fare. Come suggerisce Zavala, lo strapotere dei militari non è dato solo da questo: López Obrador ha posto sotto il controllo delle forze militari porti, dogane e soprattutto le grandi opere, elemento strategico per implementare quelle politiche estrattiviste che colpiscono in modo crudele le popolazioni indigene, come ha dimostrato la recente “Caravana por el Sureste del México Profundo” organizzata dalla Asamblea del Istmo e dall’associazione Ya basta! Êdî bese!

La militarizzazione dei territori, lungi dal risolvere il problema della violenza rischia di farlo diventare ancora più incontrollabile. Juanita Goebertus, direttrice della Divisione delle Americhe di Human Right Watch denuncia come «López Obrador è andato oltre i suoi predecessori nel processo di militarizzazione del Messico, eppure il paese affronta il peggior tasso di omicidi degli ultimi 30 anni e l'impunità di oltre il 95%».

Tutto questo per dire che nel caso Ayotzinapa probabilmente cadranno alcune teste, anche importanti,  verrà fatta verità e forse anche, parzialmente, giustizia. Ma le condizioni per cui questo crimine e la violenza dello Stato si perpetui ancora, difficilmente cesseranno di esistere. Almeno fino a quando non verrà messo in discussione il ruolo delle forze armate.
Nuova Vecchia