L'euforia per la vittoria di Boric e la perdita del senso della misura

Il giorno dopo il trionfo elettorale di Boric in Cile, la mia bolla social e un po' tutto il web è stato percorso da fremiti di euforia incontenibili. Partendo dal presupposto che sia stato importante sconfiggere l'opzione fascista rappresentata da Kast e che la felicità per lo scampato pericolo di vedere ritornare al potere nel paese un apologeta del dittatore Pinochet è senz'altro cosa buona e giusta, credo tuttavia che si sia però perso un po' il senso della misura e che, prima di salire sul carro del vincitore, forse è bene conoscere meglio questo "vincitore". 

Nei titoli dei giornali e nei commenti social, il nuovo presidente cileno è dipinto come rappresentante dei movimenti studentesco (a 35 anni!), ecologista, femminista, e via dicendo, fino a farlo diventare leader indiscusso dell'estallido social che sta agitando il Cile dalle fondamenta dall'autunno del 2019. Onde evitare i "te l'avevo detto" e le delusioni a cui il popolo della sinistra è tristemente abituato, mettiamo dunque qualche puntino sulle i.

Innanzitutto, vi voglio ricordare come sta andando nel vicino Perù dove il presidente Castillo (altro eroe delle sinistre) è accerchiato e impossibilitato al momento a produrre i cambiamenti radicali promessi in campagna elettorale. Non va infatti assolutamente dimenticato in che situazione andrà a governare Boric: con una Camera a larga maggioranza di destra che, come sta facendo con la Convenzione Costituente, metterà i bastoni tra le ruote al nuovo presidente in ogni modo. In un paese dove, tra l'altro, è profondamente radicato nel tessuto sociale, politico ed economico il neoliberismo.

Altra cosa importante è il ruolo avuto da Boric nell'estallido social: il nuovo presidente non è assolutamente il leader studentesco della rivolta per il semplice fatto che l'estallido non ha avuto leader politici, essendo stata una rivolta autonoma e incontrollabile da parte dei partiti politici di sinistra. 

A volerla dirla tutta, una serie di fatti poco piacevoli ha reso Boric per molti mesi quasi un nemico della "piazza": il neo presidente è considerato da molti un traditore per essere stato tra i primi firmatari - senza nemmeno consultare il proprio partito - dell'Accordo per la Pace Sociale con il quale si è avviato il processo costituente alle spalle dei movimenti. 

Boric è anche quel deputato che ha votato la Ley Antibarricadas, voluta da Piñera per delegittimare e criminalizzare la protesta sociale, adducendo come scusa il necessario - a suo dire - sanzionamento dei saccheggiatori, ma di fatto rendendosi complice dell'attacco ai manifestanti. Anche se, a onor del vero, nel suo discorso di domenica ha anche detto che «il nostro impegno per i diritti umani è totale e faremo ogni sforzo per assicurare che ci sia verità, giustizia, riparazione e garanzie di non ripetizione per tutti icasi

Decisione questa che gli ha attirato addosso le ire non solo di chi è sceso nelle strade mettendo a rischio la propria vita, ma anche dell’ex candidato alle primarie della sinistra comunista Daniel Jadue, che lo ha accusato di essersi reso complice, con quel voto, dei numerosi prigionieri politici fatti dal regime di Piñera.

A dimostrazione del clima non troppo sereno nei suoi confronti, va ricordato che gli stessi detenuti politici della rivolta, lo hanno aggredito durante una visita pre elettorale nel carcere di Santiago 1. Sempre a proposito di detenuti politici della rivolta questa è la sua posizione rispetto alla proposta di indulto generale: «alle persone condannate per incendio, saccheggio e per altri crimini vari, dal mio punto di vista non è accettabile pensare a un indulto per tutti».

Secondo Alessandro Peregalli, blogger di l'America Latina, Boric appartiene inoltre a un partito, Convergencia Social, che «ha contribuito durante tutto il processo costituente a isolare le componenti più a sinistra (Partito Comunista, Lista del Pueblo, movimenti sociali indipendenti) coordinandosi con la vecchia Concertación e garantendole il sistema dei 2/3 con il quale quest'ultima, una coalizione neoliberista che ha governato il Cile per 20 anni, avrebbe sostanziale diritto di veto sugli articoli costituzionali». Ancora Alessandro Peregalli ricorda come «fin dal movimento studentesco del 2011, Boric rappresenta la componente più a destra del futuro Frente Amplio e questo lo rende inviso alla maggior parte dei movimenti sociali del paese».

Ma allora, come ha potuto vincere le elezioni? Cosa ci dicono i risultati di domenica 19 dicembre? A mio avviso dicono una cosa importante, considerando quanto scritto sopra: non ha vinto Boric, ha perso Kast e ciò che rappresenta. Ma soprattutto hanno vinto le studentesse e gli studenti - ecco spiegata la foto di copertina - che l'autunno di due anni fa hanno scavalcato i tornelli della metro e fatto "saltare il banco". Ha vinto la “calle” grazie a un ciclo di lotta memorabile che ha saputo imporre e determinare, dal basso verso l’alto, cambiamenti istituzionali radicali (come la Convenzione Costituente e il ritorno della sinistra al potere).

E non è poco, ma non è tutto. Ora, come suggerisce Victor Chanfreau, ex portavoce della ACES (Asamblea Coordinadora de Estudiantes Secundarixs de Chile), queste conquiste andranno difese e altre conquistate con la stessa logica di piazza che ha portato a questi eccezionali risultati.

«Seguiremos articulando, seguiremos peleando, seguiremos luchando, porqué es la única forma que tienen los pueblos para conseguir la dignidad». L'euforia e le revisioni storiche lasciamole a chi crede che questo sia il punto di arrivo e non un nuovo punto di partenza. 

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