Se questo è il popolo "si navi"...

Era stata annunciata come la manifestazione della vera Venezia, quella che lavora e che vive la città, pompata da media e politici di ogni risma e sorta, con "mirabolanti" dichiarazioni politiche di Venturini, "io sto coi lavoratori", con la presenza del sindaco uscente Brugnaro e del suo sfidante Baretta e, manco a dirlo, dei sindacati tutti. Eppure la mattina di venerdì 28 agosto, col sole caldo e l'aria fresca non si è vista quella "alta marea" annunciata in pompa magna. Di seguito, alcune considerazioni sulla giornata.

Come detto, la manifestazione "si navi" ha avuto una grande visibilità politica ma anche da parte della stampa. A conti fati però si contano forse qualche centinaia di manifestanti, barche semivuote e la presenza di qualche gondola in rappresentanza di una delle caste più intoccabili della città, i gondolieri appunto. Prova dell'esiguo numero dei partecipanti, e tutto sommato dell'insuccesso della manifestazione nonostante ciò che dirà la propaganda politica, è che a cose fatte nessun giornale ha pubblicato i numeri della partecipazione, ad eccezione del Corriere del Veneto che ha sparato un improbabile e ridicolo 1000 partecipanti.

Rispetto al endorsement politico, la manifestazione "si navi" ha potuto contare sull'appoggio non solo della destra cittadina mascherata da lista civica (Brugnaro e Venturini), ma pure di quel PD per il quale dovremmo votare per "cambiare" in meglio alle prossime elezioni del 20 settembre: un inquietante segno di continuità tra due progetti politici che, nonostante le dichiarazioni di facciata, si somigliano più di quanto sembra e dicono.

L’appoggio politico che, ipocritamente, tira fuori la scusa del lavoro da salvare è dunque bipartisan ed è un appoggio a chi in questi anni ha lucrato su Venezia, spremendola fino all’osso e succhiando tutto quel che poteva succhiare, altro che appoggio ai lavoratori. Chi vuole le grandi navi a Venezia sono coloro che passano sopra al diritto alla salute e alla difesa di un territorio già duramente provato da cinquant'anni di Petrolchimico e dalla recente truffa e devastazione del Mose, chi ha fondato il suo profitto su un turismo esasperato e soffocante. Chi, anche nonostante gli incidenti come quello gravissimo del 2 giugno dell’anno scorso, continua a dire che il gigantismo navale è compatibile con una città e una laguna così fragile e delicata come quella di Venezia. 

Questo invece è un modello di turismo insostenibile, ed è dimostrato non solo dagli incidenti, ma anche dall’impatto negativo sulla vivibilità della città, divenuta un circo usa e getta per un turismo mordi e fuggi. Una città a misura di turista ma non a misura di cittadino, dove vivere costa una follia, dove nel pieno della stagione turistica è impossibile anche solo pensare di fare una passeggiata. Un modello predatorio, espressione del capitalismo estrattivista che in tutto il mondo sta producendo danni enormi all'ambiente e violenza, sofferenze e miserie per le popolazioni. In Patagonia i mapuche lo chiamano "terricidio" perché uccide, distrugge, il tangibile ma anche l'intangibile, come i rapporti che abbiamo con la nostra terra o le stesse relazioni tra le persone. Un modello predatorio che è in conflitto aperto, dichiarato e permanente con la Vita e che anche grazie alla pandemia (causa ed effetto dello stesso sistema capitalista) ha mostrato il suo volto più spietato. 

Infine, un pensiero ai lavoratori scesi in piazza oggi a “difesa del posto di lavoro”: state cercando di salvare qualcosa che è già destinato a morire, e nel giro di breve tempo, perché questo tipo di sfruttamento della città non può durare in eterno. Se continuiamo così Venezia morirà prima che voi arriviate alla pensione. Presto o tardi sarete messi da parte dalla cricca che trae vero profitto da questo sfruttamento. E non illudetevi di avere per sempre quell’appoggio politico di cui oggi godete: quando cambierà il business i vari Venturini, Brugnaro, Baretta, non si faranno scrupoli a lasciarvi a casa senza nemmeno un rimpianto oltre che un reddito alternativo perché vi stanno usando per i loro interessi, stanno difendendo il profitto di pochi, non il lavoro di molti.

Inoltre, contrapporre ancora il diritto al lavoro a quello alla salute e alla salvaguardia della città è sbagliato: non può esserci divisione tra salute, ambiente, lavoro. È una divisione idiota e strumentale fatta da chi vuole difendere i profitti di pochi squali sulla pelle dei cittadini. Senza salute non avrete più un lavoro. Senza Venezia nemmeno. Dobbiamo rifiutare il trucco della contrapposizione, della guerra civile, e rompere il ricatto salute-lavoro. 

Concludo citando le parole di Marta, storica attivista del Comitato No Grandi Navi: «Passata l'euforia riguardatevi i video e contatevi... poi venite a dirci se per quei numeri vale la pena distruggere Venezia e la sua Laguna». Se questo è il popolo “si navi” allora possiamo tranquillamente affermare che Venezia, i suoi cittadini, sono altro: 8 anni di battaglie, decine di manifestazioni, migliaia di manifestanti, indignazione mondiale e un referendum con 18 mila votanti dicono che Venezia è, e deve essere, #nograndinavi.


Nuova Vecchia