"Il capitalismo ha convertito le scienze a un cattivo uso per la sua grande accumulazione di ricchezza e manipolazione a piacere; ma la scienza non ha responsabilità della distruzione per la quale viene usata."
Subcomandante Insurgente Moíses
Nelle comunità zapatiste del Chiapas una figura fondamentale nella quotidiana costruzione dell’autonomia e di un mondo altro è quella del promotore di salute. Il compito principale di questa figura, quasi sempre interpretata da giovani ragazze e ragazzi ribelli, non è quella di fare interventi chirurgici all’avanguardia, tanto meno quella di placare coi farmaci la vendetta di Moctezuma agli incauti viaggiatori del vecchio continente che accettano, a denti stretti, il pozol dalle anziane rivoluzionarie. No, il compito principale dei promotori di salute è quello di divulgare consapevolezza, conoscenza, pratiche per un corretto stile di vita in salute.
Anni fa, li ho visti festeggiati e premiati dall’intero Caracol (suddivisione amministrativa ribelle e in resistenza paragonabile alla nostra regione) per il loro lavoro al servizio della comunità e continuare subito dopo a mettere in pratica le competenze acquisite condividendole con le compagne e i compagni di resistenza: dalla corretta divisione della spazzatura, all’utilizzo dei guanti monouso per curare le ferite, dalla somministrazione di pomate e unguenti (preparati da loro stessi nel laboratorio di erbolaria) al corretto metodo di utilizzare lo spazzolino, dal continuo richiamo a lavarsi le mani dopo essere stati in bagno, alla corretta metodologia di conservazione degli alimenti.
Certo, non sono operazioni importanti, sono tutte cose di buon senso che la cultura occidentale ha generalmente introiettato, ma quel che conta qui non è la qualità del sapere bensì il metodo con cui una società decide di impostare i rapporti sociali.
La costruzione del mondo altro zapatista si basa su sette principi. Uno di questi è “convincere e non vincere”. Può sembrare una banalità ma se ci pensate bene è estremamente rivoluzionario. Convincere della bontà delle proprie idee o del proprio sapere è una pratica democratica orizzontale perché mette tutti sullo stesso piano e in condivisione il sapere stesso. Insomma aiuta a crescere, individualmente e collettivamente.
Al suo opposto, come pratica sistemica piramidale c’è il vincere, l’imposizione forzata di un’idea, di una conoscenza, di un pensiero, di una pratica. I problemi derivanti da questo metodo di azione a mio avviso sono molteplici.
- La vittoria di qualcosa o qualcuno prevede come prima controindicazione la sconfitta di qualcos’altro o qualcun altro. Prevede quindi il malcontento, l’insofferenza finanche l’odio nei confronti del vincitore.
- L’imposizione da parte del vincitore del suo dettame non prevede un percorso di crescita né individuale né collettiva; non prevede la condivisione della conoscenza e, in ultima istanza, il miglioramento della società.
- L’insieme di questi due punti, ci porta al terzo punto, forse il più importante: i rapporti di potere. Vincere sottraendosi alla condivisione del sapere pone il vincitore in una posizione di vantaggio, di potere appunto, rispetto agli sconfitti.
Il sapere è dunque un elemento cruciale nella costruzione di una società. Più il sapere è condiviso, è spiegato ai somari, è divulgato, più una società può evolvere, migliorarsi e aspirare a essere democratica.
Considerare con altezzosità dei somari i dubbiosi, gli scettici, gli indecisi, i non credenti e gli ignoranti e obbligarli a un pensiero o a delle azioni ritenute giuste e scientificamente inoppugnabili riproduce il meccanismo di potere capitalista, dividendo la collettività in pochi eletti che hanno tutto e possono prendere decisioni e tanti sudditi che non hanno niente e possono solo subire le decisioni. In questo modo, la scienza, il sapere, si prestano, come dicono gli zapatisti, a essere uno strumento del sistema capitalista.
La scienza, dice un noto immunologo star del web nonché ispiratore di questo breve testo, non può essere democratica. E invece no, si sbaglia, può e deve ritornare ad esserlo se chi la detiene è in grado di donarla anche a chi non ha le competenze o le capacità, condividendola e dando un contributo fondamentale alla crescita dell’intera collettività.
Ecco perché, se vogliamo essere realmente rivoluzionari e costruire un mondo altro dobbiamo stare in guardia da chi, dall’alto della propria erudizione, divide il mondo in eruditi e ignoranti e ci considera solo degli stupidi a cui imporre solo obblighi o divieti. Ecco perché dobbiamo stare in guardia da chi vuole solo vincere e non convincere.
Ecco perché, per esempio, l’obbligatorietà dei vaccini non è che una vittoria parziale. Non elimina cioè il dubbio o il dissenso, non rende consapevoli dell’importanza degli stessi, ma impone solamente un modo di agire dall’alto al basso che troverà sempre forme di protesta e di dissenso. E non ci libererà mai dai #novax esaltati.
Ecco perché chi ha il dono della conoscenza deve seminarla, divulgarla, condividerla. Non abbiamo bisogno di una stella che ci guidi. Abbiamo bisogno di sapere. Abbiamo bisogno di capire l’importanza della cultura, di crescere, di scoprire la strada e farcela da soli.
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