Il compagno Francesco


Nel suo recente viaggio in Cile il compagno papa Francesco ha chiesto umilmente scusa ai mapuche per la repressione che da sempre subiscono dai bianchi conquistatori.

Pochi giorni dopo, nel Pu Lof en resistencia di Cushamen, lontano dagli occhi del suddetto compagno, sono riprese le aggressioni e la repressione: un giudice ha dato il via libera a un’operazione della gendarmeria a seguito di una denuncia di furto di animali che ha causato il ricovero in ospedale di una donna mapuche e la confisca di tutti i cavalli della comunità. Confisca avvenuta tra l’altro con i mezzi privati del “magnate” Benetton.

Nel 2015 il compagno Francesco ha nominato vescovo di Osorno tale Juan Barros Madrid nonostante su di lui gravassero accuse di omertà sui casi accertati di pedofilia del “formatore di vescovi”, Monsignor Fernando Karadima. Nel suo viaggio ha chiesto scusa per gli innumerevoli scandali di pedofilia successi in Cile ma ha anche definito calunnie le accuse verso il vescovo Barros, salvo poi ritrattare e autorizzare l’inchiesta (roba di questi giorni).

Infine, è sempre lo stesso compagno Francesco che stringerà la mano sporca di sangue di Erdogan tra pochi giorni. Nonostante le costanti violazioni di diritti umani nella Turchia del sultano dove cittadini, giornalisti e anche politici sono costretti al silenzio dalla dittatura; nonostante ad Afrin il boia stia massacrando civili inermi col sostegno di alleati fondamentalisti tanto odiati dalla democratica Europa.

Le sue parole, tanto belle agli occhi dei fedeli e degli illuminati di sinistra, stridono maledettamente con i fatti, che rimandano invece un quadro non troppo diverso dai suoi predecessori: l’istituzione chiesa sempre in prima fila a difesa dei potenti e di sé stessa ma questa volta con l’aggravante di cercare di mascherare l’anima diabolica dietro il volto gentile e le parole radicali, ma vuote, di Francesco. 
Nuova Vecchia