Disastro ambientale in Ecuador, il petrolio inonda la provincia di Esmeraldas.


Un nuovo gravissimo incidente ambientale è avvenuto giovedì 13 marzo a El Vergel, nella parrocchia Cube del cantone di Quinindé, provincia di Esmeraldas: in meno di due ore, almeno 25 mila barili di petrolio si sono riversati nel territorio circostante, contaminando circa 80 chilometri quadrati e i fiumi Esmeraldas, Caple e Viche, dirigendosi verso il mare. Secondo le autorità locali, almeno 500 mila persone risultano colpite dalla fuoriuscita del crudo.

A provocare il disastro, secondo quanto riportato da Petroecuador, è stata un’alluvione su una collina che ha causato la rottura delle tubazioni del Sistema de Oleoducto Transecuatoriano (SOTE) di Petroecuador, in una zona che negli ultimi otto anni aveva già subito altri due gravi sversamenti di crudo. Il SOTE ha 53 anni e la sua mancanza di manutenzione e ammodernamento ha provocato costanti fuoriuscite nel Paese, ha denunciato la popolazione locale.

Ingenti i danni registrati: secondo le tuttora incerte stime ufficiali, sarebbero almeno 25 mila i barili riversati nel territorio e nelle acque dei fiumi circostanti e almeno 80 i km quadrati che hanno subito danneggiamenti. La fuoriuscita ha contaminato il suolo e le mangrovie distruggendo la vegetazione e uccidendo la fauna selvatica dei fiumi. Il greggio è arrivato fino alla spiaggia di Same che ospita decine di nidi di tartarughe marine.

Oltre alla flora e alla fauna, ingenti danni ha subito anche la popolazione locale: a causa dell’incidente, infatti, 500 mila famiglie si sono ritrovate senza acqua potabile; secondo il sindaco di Quinindé, Ronal Moreno, quasi cinque mila persone che vivono sulle rive dei fiumi Caple, Esmeraldas ed El Viche hanno denunciato problemi respiratori, di stomaco e malattie della pelle nei giorni seguenti al disastro. Colpita in modo grave naturalmente anche l’economica locale che si basa su pesca, allevamento, agricoltura e turismo.

A peggiorare la già difficile situazione, è stata la tardiva e inadeguata gestione dell’incidente da parte delle autorità. Il presidente Noboa, forse troppo impegnato nella campagna elettorale, solo due giorni dopo lo sversamento si è pronunciato con un tweet nel quale ha comunicato di aver delegato il ministro dell’Energia Inés Manzano a coordinare le operazioni di emergenza. In visita alle zone colpite, la ministra ha dapprima dichiarato che «è stato un incidente dovuto alle condizioni meteorologiche», salvo rettificare qualche giorno dopo denunciando che la fuoriuscita di petrolio sarebbe stata un sabotaggio e ha puntato il dito contro gli operai di Petroecuador.

L’ignavia e la mancanza di trasparenza da parte del governo di fronte al disastro è evidente anche dalla difformità dei rapporti su quanto accaduto, con le autorità che divergono rispetto alla quantità di barili di petrolio fuoriusciti e sull’ora dell’incidente. Secondo Eddie Bolaños, docente e abitante del cantone Atacames, il disinteresse del governo per quanto accaduto e il ritardo degli aiuti «è una conseguenza del razzismo ambientale», in una provincia dove abita la maggioranza di afroecuadoriani del Paese: oltre il 55% degli abitanti, infatti, si identifica proprio come afrodiscendente.

L’abbandono da parte delle autorità nazionali ha scatenato le proteste della popolazione, che ha messo in atto blocchi stradali per ottenere attenzione ed aiuti. Emblematico il caso dell’acqua. Alla richiesta di rifornimenti del liquido vitale (finite le scorte nei supermercati e impossibilitati ad usare quella naturale per la contaminazione), il governo e Petroecuador hanno organizzato l’invio di camion cisterne. Peccato che, come hanno denunciato gli abitanti, siano le stesse cisterne che trasportano il crudo. Di conseguenza, l’acqua arrivata è oleosa e inadatta al consumo umano.

Dai blocchi stradali a Esmeraldas, il messaggio dei manifestanti si è alzato forte e chiaro contro il governo: un’abitante si chiede indignata «dov'è quel Noboa? Quando ha bisogno del voto, viene. Quando è finalmente seduto [sulla poltrona], si dimentica dei poveri». Un altro manifestante squarcia il velo sulla propaganda governativa denunciando che «stiamo chiedendo acqua e ci mandano militari (...) Questo è il “governo dell'incontro”, il governo che risolve». E ancora - a rincarare la dose contro il governo - la rabbia di un terzo manifestante perché nemmeno «con i criminali si comportano in quel modo».

Anche le autorità locali si sono scagliate contro il governo di Noboa. Vicko Villacís, sindaco di Esmeraldas, ha denunciato che il governo di Noboa ha ignorato gli avvisi sull'entità della fuoriuscita, emessi da venerdì 14 marzo e ha denunciato come il comune sia stato escluso dalle riunioni del Comitato per le operazioni di emergenza (COE). Il sindaco di Quinindé, Ronal Moreno, ha denunciato invece come gli aiuti inviati dal governo siano stati insufficienti: appena 100 razioni alimentari a fronte di circa 4.500 famiglie colpite dalla fuoriuscita.

Sull’evento si è fatta sentire anche la Conaie, i cui voti per il ballottaggio sono al centro della disputa politica. Per l’organizzazione indigena «il governo e Petroecuador devono assumersi le proprie responsabilità e garantire una riparazione completa per le comunità colpite». Anche Acción Ecologica esige che venga applicato un programma di riparazione completo in tutta l'area colpita dalla fuoriuscita del 13 marzo a Esmeraldas, includendo anche un'area protetta. La portavoce del movimento ambientalista, Alexandra Almeida, ha inoltre affermato che «il governo cerca di consegnare l’attività petrolifera in mani private e marginalizzare i gravi danni di tali disastri».

La rabbia e l’indignazione per il nuovo disastro ambientale provocato da un modello economico che guarda solamente al profitto e a cui non importa né la preservazione dell’ambiente né la vita delle persone, sta crescendo di ora in ora ed è probabile, e auspicabile, che avrà ripercussioni anche sul ballottaggio in programma il 13 aprile. Sembra sempre più evidente che la “guerra interna”, dichiarata poco più di un anno fa dal presidente Noboa, non è contro i gruppi criminali, ma contro l’ambiente e la popolazione ecuadoriana.
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