La carica dei diecimila

Diecimila persone in marcia a Mestre per ricordare Giacomo e costruire insieme e dal basso una città accogliente, sicura e solidale. Il sindaco Brugnaro, per provocare, l’aveva definita una manifestazione dei centri sociali, da “bandiere rosse”, a “favore di chi gira col coltello” forse nella speranza di indurre a non parteciparvi ma mai come stavolta, la risposta della città è stata un sonoro schiaffo alla sua arroganza. Perché all’appello lanciato dal centro sociale Rivolta e dal coordinamento “Riprendiamoci la città” hanno risposto davvero in tantissimi rifiutando la logica della guerra a/tra gli ultimi.

Diecimila persone, dieci mila “bandiere rosse”, dieci mila cuori a ricordare Jack e il suo gesto d’amore. Ma non solo. C’erano sì i compagni o gli amici venuti da fuori città a ricordare Jack, ma c’erano anche e soprattutto i vicini di casa “insospettabili”, le famiglie dei compagni di asilo o di scuola dei nostri figli, c’erano perfino le loro maestre e persone che l’ultima manifestazione forse l’avevano vista vent’anni fa. C’erano le associazioni, le comunità migranti, gli esercenti, le parrocchie. C’era la città o meglio quella parte di città che crede, sogna e costruisce con le azioni una città diversa, sicura, accogliente, solidale.

Su una cosa però il sindaco Brugnaro aveva ragione: questa è stata non solo una manifestazione per ricordare Jack ma anche una manifestazione politica nel senso più alto del termine, perché innanzitutto è stato il modo migliore di onorare e ricordare Jack, militante del Rivolta, ma poi, se è vero che il suo assassino ha un nome e un cognome, è altrettanto vero che le responsabilità per una città allo sbando, pericolosa, invivibile, abbandonata a sé stessa e dove trovano praterie i delinquenti, sono tutte del sindaco e di questa sciatta e corrotta Giunta (ce li siamo già dimenticati Boraso e la “Palude”?) che in questi quasi dieci anni di amministrazione ha tagliato tutti i servizi di welfare e ha fornito come unica strategia e risposta la repressione, la militarizzazione della città, invocando i “pieni poteri” come se bastasse mettere in galera tutti per risolvere il problema.

Alla vigilia della manifestazione ha provato il sindaco a rimescolare le carte e a snocciolare dati e risultati ottenuti dalla sua Giunta senza nemmeno fare un minimo cenno di autocritica. Ci ha pensato Gianfranco Bettin a rispondergli, sbugiardandolo pubblicamente in un lungo post su facebook: «Rivendica, la giunta, il maggiore bilancio e il maggior numero di dipendenti della “Coesione sociale” rispetto a dieci anni fa. Peccato che si dimentichi di dire che l’attuale bilancio è la somma di quello precedentemente diviso in almeno tre assessorati - Politiche sociali, Casa, Gioventù - più la parte prima attribuita alle Municipalità (rase al suolo da Brugnaro) e relativa al servizio sociale di base e altre funzioni alla residenza. Idem per il PERSONALE, che pure è la somma di tre assessorati e di quella parte prima nelle Municipalità e oggi alla Coesione sociale». 

La risposta esclusivamente repressiva è il fallimento totale dell'ideologia securitaria e i fatti lo dimostrano. Un fallimento che è costato la vita a Jack, la triste nomea di città capitale dell'eroina e tanti problemi a chi vive la città. Un fallimento che oggi ci fa piangere di dolore per Jack e di rabbia per come è stata abbandonata questa città. Un po’ come l’orchestra del Titanic, mentre la barca va a fondo, il sindaco è sempre in prima linea a presentare parchi giochi o grandi eventi in piazza San Marco, mentre quando la città, e i suoi cittadini, annegano nei problemi si dilegua senza assumersi nessuna responsabilità per la deriva a cui ci ha portato. A chiarire il punto sulla giornata di oggi ci ha pensato subito Vittoria, storica militante del Rivolta: «cosa possiamo rispondere allo schifo di Brugnaro e del suo assessore Venturini? Ma quali bandiere rosse, il rosso è il colore dell’amore, delle lotte, delle città che rivendicano diritti».


Il corteo si è fermato una prima volta in Corso del Popolo davanti al liceo Guggenheim dove Giacomo è stato ucciso e dove, a distanza di una settimana, sono ancora centinaia i fiori, i biglietti, le sciarpe e tantissimi altri oggetti lasciati dai tanti cittadini che hanno voluto omaggiarlo. Pelle d’oca ed occhi lucidi quando dall’impianto è partita la canzone “You’ll never walk alone”. E poi i cori, urlati a squarciagola: “Jack è vivo e lotta insieme a noi” lo hanno cantato proprio tutti, dalla testa alla coda del corteo.

Dopo l’omaggio a Giacomo, il corteo è ripartito su via Tasso, dirigendosi verso la piazza. Incrocio un vecchio compagno che non vedo da tanto tempo, uno di quelli che di manifestazioni ha memoria lunga, per capirci. E conveniamo insieme che una manifestazione così partecipata a Mestre forse era dagli anni ‘90 che non la vedevamo. E in effetti, mentre la testa del corteo era a metà Corso del Popolo, la coda era ancora in Vempa, cinquecento metri più indietro.

Con passo deciso il corteo è arrivato infine nella piazza centrale della città, dedicata al partigiano Erminio Ferretto. E l'ha riempita. Dall’impianto gli interventi finali degli organizzatori ma soprattutto facce felici, di chi vede la luce in fondo al tunnel. Facce contente della reazione della città, facce che parlano di speranza. Non è un insulto a Jack, anzi, nessuno avrebbe mai voluto che un ragazzo generoso e altruista perdesse la vita per non essersi voltato dall’altra parte, ma questa tragedia può essere il seme per una città diversa, più accogliente, più solidale, più comunità. Nel nome e nel ricordo di Jack. Come direbbero gli zapatisti nella lontana Selva Lacandona del Chiapas, è la vita che sconfigge la morte.

Per Jack, per noi, per tuttə.

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